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ANSAcom - In collaborazione con Progetto Mnesys
"Il nostro team nazionale studia l'omeostasia del cervello, che indica una strada per capire quali sono le reazioni che il cervello ha rispetto a degli stimoli interni ed esterni, perché spesso si può potenziare una reazione positiva e magari cercare di inibire una reazione negativa, questo viene molto sfruttato in senso terapeutico con i farmaci". Così Maurizio Taglialatela, ordinario di farmacologia del Dipartimento di Neuroscienze dell'Università Federico II, spiega il suo settore di ricerca nel progetto "Mnesys" il "Cern italiano della ricerca sul cervello", finanziato dal Pnrr con uno stanziamento di 115 milioni di euro, che comprende oltre 200 progetti e 500 scienziati di 25 fra atenei pubblici e privati, enti di ricerca e imprese ed è stato presentato oggi a Napoli al "Primo Forum Nazionale Delle Neuroscienze". Taglialatela lavora sulla farmacologia su un progetto "che si divide - spiega - in quattro settori, il nostro tema fondamentale è l'epilessia, che è una delle patologie, come sapete, neurologiche più incidenti e più frequenti. E' una patologia che ha un picco nei bambini e un picco negli anziani: nei bambini per problemi di carattere genetico e negli anziani per problemi di carattere neurodegenerativo. Stiamo cercando di trovare nuovi farmaci, cercare di fare innovazione da questo punto di vista, identificare nuovi bersagli e potenzialmente sintetizzare anche nuovi farmaci o riposizionare vecchi farmaci su questi nuovi bersagli". Taglialatela lavora sulla ricerca in una popolazione che crea anche gruppo umano sul tema: "si tratta di malattie genetiche - spiega - che sono molto rare e che noi studiamo con particolare intensità in una popolazione che noi quotidianamente aiutiamo, insieme anche alla nascita di alcune associazioni per i pazienti che prendono il nome appunto dal gene che li coinvolge. Il nostro lavoro ha un aspetto molto tecnico ma sentiamo anche quanto sia importante per i pazienti identificarsi per le malattie rare, fare comunità con gli altri che ne soffrono, così c'è un loro forte contributo sulla ricerca con una estrema partecipazione da parte dei pazienti. Noi sono il nostro riferimento per materiale biologico, per fare la diagnosi, per impostare le loro terapie e loro cercano noi perché magari si trovano ad essere confrontate con dei geni che non conoscono ma che sono da affrontare".
ANSAcom - In collaborazione con Progetto Mnesys
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