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ANSAcom - In collaborazione con Amazon
Non c’è un legame casuale tra la crescita dell’e-commerce, la cui penetrazione si attesta attorno al 12%, e la perdita di posti di lavoro nelle attività tradizionali. Anzi, l’e-commerce ha determinato una spinta nei negozi tradizionali a sfruttare diversi canali per reinventarsi. È quanto emerge dallo studio della Fondazione De Gasperi “L'evoluzione dell'e-commerce: tra falsi miti ed evidenze", realizzato con il supporto di Amazon e presentato a Roma. Secondo la ricerca, per il 71% dei consumatori, i negozi di vicinato che hanno raccolto la sfida dell’e-commerce hanno migliorato la qualità e quantità dei servizi offerti alla propria clientela grazie alla diffusione dei siti di vendita online, e Il 60% dei clienti apprezza di poter utilizzare i propri negozi di fiducia come punto di consegna. "L’e-commerce riguarda ancora una nicchia del mercato che è in forte crescita, perché sta cambiando il pattern di commercio degli individui: non sono più gli individui che vanno verso le merci a comprare, ma sono le merci che vanno verso l’individuo. La ricerca - spiega Emilio Colombo dell'Università Cattolica del Sacro Cuore che ha coordinato lo studio - sottolinea diversi aspetti. Da una parte i negozi di vicinato devono un po’ reinventarsi per cogliere la sfida dell’e-commerce, dall’altra notiamo che a livello macro, non c’è una correlazione diretta e chiara tra la crescita dell’e-commerce e la perdita dei posti dei lavori che ci sono nei negozi tradizionali, perché è un cambiamento generale che avviene all’interno del settore. È vero che c’è una contrazione dei negozi di vicinato, ma al tempo stesso oltre alla diffusione dell’e-commerce, c’è tutto l’incremento dell’occupazione legato a tutto quello che l’e-commerce si porta dietro, ad esempio la logistica”. Si evolve così il panorama commerciale in Italia, cambia il modo in cui le imprese operano e i consumatori fanno acquisti. Per questo, molte aziende affrontano la strategia della multicanalità, intersecando canali fisici e digitali. Dalla ricerca emerge come le dinamiche occupazionali – che segnano, contro le aspettative, un trend positivo – non diano modo di confermare un legame causale tra la diffusione dell’e-commerce e la perdita di posti di lavoro nelle attività tradizionali. Negli ultimi 10 anni e fino all’irrompere della pandemia, come registra la serie storica realizzata da Istat, il settore del commercio ha vissuto un periodo di crescita, sostanzialmente contemporaneo alla diffusione dell’e-commerce. In questo scenario, spiega la ricerca, il canale di vendita online non rappresenta di per sé una minaccia, ma può diventare anche un’opportunità. Dallo studio emerge come l’occupazione nelle piccole e medie attività segua dinamiche locali più che nazionali: l’aumento dell’1% della popolazione nel territorio, si riverbera in un incremento del 1,2% nell’occupazione nel settore commerciale. E se la penetrazione del commercio elettronico si attesta attorno al 12%, quella del cosiddetto commercio tradizionale (centri commerciali e grande distribuzione organizzata) continua a rappresentare circa il 90% degli acquisti del settore. L’e-commerce, rileva lo studio, permette di ottimizzare i processi distributivi, e riduce il numero di clienti in circolazione, diminuendo gli spostamenti a vuoto, "contenendo l’impatto ambientale e migliorando la sostenibilità del settore commerciale". Il sottosegretario al ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Claudio Durigon, sottolinea in un messaggio l’importanza di sfatare gli stereotipi che circondando l’e-commerce, riconoscendo come possa rappresentare un trampolino di lancio per molte imprese italiane, soprattutto per le più piccole. Il direttore della Divisione Studi e Analisi del ministero delle Imprese e del Made in Italy, Paolo Quercia, evidenzia come l’e-commerce possa essere un’opportunità per aprire nuovi mercati e favorire l’export dei prodotti italiani all’estero. Il ritardo registrato nel determinare i cambiamenti porta oggi la politica a dover pensare non ad una regolamentazione, dice Quercia, ma ad una salvaguardia, perché le criticità non siano sottovalutate e il nostro sistema di Pmi non sia tagliato fuori da questa occasione. Secondo Confesercenti, il report conferma uno studio del maggio 2023, secondo cui i negozi fisici "continuano ad essere il canale di acquisto preferito dai consumatori". Un dato che è anche conseguenza del ruolo che gli esercizi di vicinato hanno in Italia e che li distingue da quelli presenti negli altri paesi. La contrazione dei posti di lavoro, lo spostamento di persone e lavoratori dai piccoli comuni alle grandi città, implica una riflessione su come contrastare la desertificazione commerciale. E in questo senso "è imprescindibile rafforzare le competenze e gli strumenti tecnologici delle attività commerciali, favorendo l’integrazione tra mezzi digitali e tradizionali". Dello stesso avviso è Confapi, secondo cui la vendita online rappresenta "un’opportunità di crescita per le piccole e medie imprese che operano nel settore". Serve un percorso di trasformazione digitale in cui le associazioni di categoria non possono che essere protagoniste, supportando attivamente i propri soci. Gli strumenti che la tecnologia mette oggi a disposizione dei commercianti, infatti, "permettono di creare touchpoint strategici per fidelizzare il cliente ed offrirgli un servizio sempre più personalizzato e di qualità". Netcomm tratteggia le sfide che attendono un settore alle prese con “l’acquirente 3.0”, in cui l’esperienza di acquisto si svolge a cavallo tra online ed offline, senza soluzione di continuità. L’evoluzione nel commercio è inevitabile "ma tutti gli attori, pubblici e privati, devono unire le forze per fronteggiare le sfide sostenendone lo sviluppo e valorizzando il nostro tessuto di piccole e medie imprese".
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