TUNISI - Diverse centinaia di migranti, abbandonati in una zona desertica al confine tra Tunisia e Libia dopo essere stati evacuati dalla città di Sfax la scorsa settimana, sono stati trasferiti ieri in diverse città nel sud della Tunisia, ma le Ong temono per la sorte di decine di altri respinti verso il confine algerino. E' quanto riferisce l'Afp che cita Salsabil Chellali, direttore di Human Rights Watch (Hrw) in Tunisia: "Tutti i 500-700 migranti che erano al confine con la Libia sono stati trasferiti altrove".
Chellali ha denunciato le parole del presidente Kais Saied che ha parlato di "menzogne diffuse sui social network", e affermato che i migranti in Tunisia hanno invece ricevuto "un trattamento umano conforme ai nostri valori, contrariamente a quanto si dice negli ambienti coloniali e tra gli agenti che lavorano al loro servizio", come scritto in una nota della presidenza.
A seguito di scontri tra migranti e residenti costati la vita a un tunisino, decine di migranti subsahariani sono stati cacciati da Sfax, divenuto il principale punto di partenza dell'immigrazione irregolare verso l'Europa, e condotti dalle autorità, secondo le Ong, verso inospitali zone di confine con Libia e Algeria, ricorda l'Afp. Coloro che sono stati prelevati dalle autorità tunisine al confine libico, nella zona cuscinetto militarizzata di Ras Jedir, sono stati divisi in diversi gruppi, secondo Ong e media. "Un gruppo è a Medenine, a livello di un liceo sorvegliato dalle forze di sicurezza", ha detto il capo di Hrw. Un corrispondente dell'Afp ha visto arrivare un altro contingente a Ben Guerdane, anch'esso ospitato lì in una scuola superiore sotto il controllo delle forze di sicurezza. Una dozzina di migranti esausti e disidratati hanno dovuto essere ricoverati in questa città, e altri sono stati portati in pullman a Tataouine e Gabès, secondo quanto riferito dai media.
L'associazione tunisina Beity per l'assistenza alle donne vittime di violenza aveva lanciato lunedì un appello urgente ad altre Ong e istituzioni pubbliche perché "coordinino e mettano in comune le risorse" per fornire aiuti d'urgenza ai migranti subsahariani "deportati alle porte del Sahara". Per Chellali "è un sollievo sapere che sono riusciti a lasciare la zona di confine con la Libia ma molte altre persone deportate vicino al confine algerino rischiano la vita se non vengono soccorse immediatamente". Secondo Hrw, sarebbero almeno da 150 a 200 in questa situazione. "Per favore aiutateci, se potete mandare qui la Croce Rossa, aiutateci altrimenti moriremo, qui non c'è niente, non c'è cibo, non c'è acqua", ha testimoniato telefonicamente Mamadou, un guineano, all'Afp. Secondo lui, sono una trentina abbandonati al loro destino in una zona desertica vicino al villaggio algerino di Douar El Ma, vicino al confine tunisino.
In un comunicato l'organizzazione di aiuto ai rifugiati Refugees International ha denunciato "gli arresti violenti e le espulsioni forzate di centinaia di migranti neri africani" a Sfax, sottolineando che alcuni erano comunque "registrati presso l'Alto Commissariato per i rifugiati o hanno legalmente stato in Tunisia". L'Organizzazione Mondiale contro la Tortura in Tunisia (Omct) da parte sua ha annunciato di aver avvisato il Comitato Onu contro la Tortura per denunciare il caso specifico di "Vf, migrante di origine sub-sahariana deportato al confine tra Tunisia e Libia il 2 luglio" dopo essere stato arrestato senza motivo e "picchiato con una sbarra di ferro nei posti di sicurezza" a Ben Guerdane, al confine con la Libia. Questi maltrattamenti e la privazione di acqua e cibo per "più di 700 migranti" trattenuti nella zona cuscinetto "consapevolmente imposti da agenti statali a Vf e ad altri migranti a causa della loro origine razziale per costringerli a lasciare il territorio costituiscono tortura", ha aggiunto l'Omct.
Un discorso sempre più apertamente xenofobo nei confronti di questi migranti si è diffuso da quando il presidente Saied ha condannato a febbraio l'immigrazione clandestina, presentandola come una minaccia demografica per il suo Paese, afflitto da una crisi socio-economica che si è aggravata da quando ha assunto il pieno potere nel luglio 2021.
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