Tra la fine del XIX secolo e la Prima guerra mondiale, il giovane Stato italiano conobbe un vasto movimento migratorio che portò diversi milioni di cittadini a cercare fortuna altrove. Se i Paesi americani ed europei accolsero la maggior parte di questa popolazione, grandi comunità di emigrati si stabilirono anche sulle sponde meridionali del bacino del Mediterraneo.
Questi si aggiunsero alle precedenti esperienze di mobilità mediterranee che avevano reso la Tunisia sin dall'epoca moderna la destinazione delle diaspore ebraiche, degli schiavi cristiani e in seguito di rifugiati politici risorgimentali e anche di mercanti e imprenditori. In Tunisia, divenuta protettorato francese nel 1881, gli italiani erano il gruppo di stranieri europei più numeroso: nel 1905 se ne contavano quasi 90.000, a fronte di appena 35.000 francesi e circa un milione e mezzo di tunisini.
Questa maggioranza demografica di italiani tra gli stranieri europei e il loro coinvolgimento attivo nello sviluppo economico del Paese non mancarono di creare tensioni tra Francia e Italia, per cui la Tunisia rappresentava una sorta di "colonia fallita" e che rilanciava le sue aspirazioni coloniali in Africa.
Tale comunità era inoltre tanto più singolare in quanto durante il periodo coloniale della Tunisia gli italiani, per lo più operai, si trovavano in una posizione intermedia tra la classe dominante dei colonizzatori francesi e la classe dominata dei colonizzati tunisini, pur condividendo le stesse condizioni di vita.
Lo studio della storia degli italiani in Tunisia offre l'opportunità di esaminare il modo in cui un'identità nazionale può essere costruita al di fuori di qualsiasi territorialità e sia plasmata dai rapporti di potere sociali ed economici.
La pubblicazione, sottolinea l'editore, è stata finanziata dal Consiglio europeo della ricerca nell'ambito del programma di ricerca e innovazione Orizzonte 2020 dell'Unione europea.
(ANSAmed).
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