Le elezioni legislative si svolgono però nel circa 70 per cento del territorio siriano sotto il controllo del governo centrale, incarnato dal presidente Bashar al Assad .
L'assemblea nazionale è da decenni, di fatto, un organo privo di potere legislativo autonomo. E il partito al potere da più di mezzo secolo, il Baath, domina ancora i meccanismi di selezione della maggioranza dei deputati.
Dall'inizio della guerra, il governo presieduto da Assad ha tenuto elezioni parlamentari, presidenziali e locali a intervalli regolari, ma tali processi sono stati ampiamente criticati per la loro mancanza di credibilità.
Nelle elezioni presidenziali del 2021, Assad ha ottenuto un altro mandato con oltre il 95% dei voti, nonostante il record di scarsa affluenza. Alle elezioni parlamentari del 2020, l'affluenza era scesa al 33% rispetto al 57% del 2016, con il governo che aveva allora attribuito questo calo alla pandemia.
Nonostante la costituzione del 2012 abbia formalmente posto fine al monopolio del Baath e introdotto un sistema multipartitico di facciata, le dinamiche di potere rimangono in gran parte invariate.
Il governo infatti riserva circa 183 seggi parlamentari su 250 al Fronte Nazionale Progressista (Npf), una coalizione capeggiata dal Baath e composta da altre sigle satelliti del partito al potere.
I rimanenti seggi sono solitamente assegnati a candidati indipendenti, che per potersi presentare alle elezioni hanno comunque superato la rigida selezione da parte delle agenzie di controllo e repressione governative. Dei 12mila aspiranti candidati, 9.194 sono stati approvati per partecipare alle elezione. Numerosi candidati si sono però ritirati nelle settimane passate. (ANSAmed).
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