Dietro alla scoperta c'è un insieme di metodo e casualità.
Per sei anni infatti l'Autorità delle antichità ha setacciato sistematicamente 600-800 grotte sparse nel deserto di Giudea fra Ein Gedi e Qumran: questo è il luogo dove furono ritrovati in ottimo stato di conservazione - grazie al clima particolarmente asciutto - i cosiddetti Rotoli del Mar Morto. L'obiettivo era di collezionare il maggior numero possibile di informazioni e di oggetti e di anticipare - per quanto possibile adesso - trafficanti di reperti archeologici. In questa attività si è inserito il dott. Assaf Gayer, uno studioso di testi antichi ('Scripta Qumranica') docente all'Università di Ariel (Cisgiordania). Era rimasto intrigato da alcune lettere ebraiche tracciate duemila anni fa con l'inchiostro su una stalattite in una grotta del deserto ed era persuaso che, con mezzi tecnologici avanzati, sarebbe stato possibile trovarne altre non visibili ad occhio nudo. E' così tornato nella grotta delle stalattiti, alla caccia di lettere con apparecchi capaci di creare immagini multispettrali. "Prima di terminare la missione - ha detto Gayer - ho notato un piccolo anfratto. Per curiosità ho infilato una mano e ho avvertito la presenza di metallo". Era la punta di un 'pilum', un giavellotto romano. A quel punto occorreva l'intervento di altri esperti. Da un anfratto vicino hanno estratto una dopo l'altra, quattro spade. Tre avevano una lama da 60-65 cm. ('Roman spatha'). L'altra aveva una lama da 45 cm. ed un pomo a forma di anello. "Ci siamo stropicciati gli occhi, credevamo di sognare. Mai visto niente del genere" ha commentato il dottor Eitan Klein, vice direttore della unità di lotta al traffico di reperti archeologici.
Nell'ultramoderno Campus Schottenstein dell'Autorità per le antichità (situato a Gerusalemme sul marciapiede opposto a quello dell'edificio che da decenni custodisce in perfetta climatizzazione i preziosi Rotoli del Mar Morto) gli esperti hanno presentato le spade romane alla stampa, con la massima delicatezza. Dopo il letargo di 1900 anni adesso saranno esaminate nei laboratori dell'Istituto. "Vogliamo sottoporle ad esami del Dna" ha spiegato Amir Ganor, uno dei dirigenti dell'Autorità per le antichità. "Vogliamo verificare se abbiano mai trafitto persone, se siano rilevabili tracce di sangue, e forse anche ricostruire un Dna storico che potrebbe essere collegato al popolo d'Israele". Altri esami si concentreranno sulla produzione delle lame e sulle fondine. "Abbiamo ricevuto - ha concluso - un messaggio di saluto dalla storia remota di questa Regione".
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