"Mascherare la riapertura della
Chiesa della Trinità dietro il paravento di una
'riorganizzazione funzionale' denota ancora una volta tutta
l'ipocrisia e la meschinità di chi dovrebbe fare del rispetto
del prossimo e della verità la sua missione di vita": lo ha
detto in una nota la famiglia di Elisa Claps, la ragazza
potentina scomparsa e uccisa nel 1993, i cui resti mortali
vennero trovati nel 2010 nel sottotetto della chiesa della
Santissima Trinità, della quale ieri è stata annunciata
definitivamente la riapertura a conclusione di lavori di
ristrutturazione.
"Non una parola - è scritto nella nota - viene spesa per
Elisa, non una considerazione per le ferite inferte ad una
famiglia che ha atteso 17 anni di conoscere un pezzo di verità,
la parte restante rimane sepolta in quella chiesa coperta da una
cortina impenetrabile di omissioni e colpevoli silenzi.
Proseguendo nella lettura apprendiamo che la Trinità dovrebbe
essere 'oasi di fede e di speranza nel cuore del centro
storico, monito muto a favore di una gioventù che merita
più cura e più attenzione da parte della Chiesa e della
società'. Crediamo invece che i ragazzi di questa città abbiano
bisogno di verità gridate e non di moniti muti come mute sono
state le bocche di quanti avrebbero potuto parlare prima e dopo
il ritrovamento di Elisa. Il cuore del centro storico, per
tornare a pulsare, oltre alla fede e alla speranza, ha
necessità di un atto di coraggio e non di ipocriti equilibrismi
e di fumose dichiarazioni che confondono anche il più devoto
dei credenti. Padronissimi di riaprire la Chiesa - conclude la
nota - libera la famiglia Claps di chiamare quel giorno al suo
fianco i tanti amici che l'hanno accompagnata in questo
tormentato cammino".
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