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Famiglia Omar, lavoro buttafuori non è picchiare la gente

Famiglia Omar, lavoro buttafuori non è picchiare la gente

Cugina, 'chiediamo giustizia e verità, che i colpevoli paghino'

MILANO, 09 agosto 2024, 14:33

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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"Spero che da questa storia i buttafuori capiscano che il loro lavoro non è usare violenza, se la loro intenzione è picchiare vadano a fare boxe, il loro lavoro è placare le liti, non massacrare la gente di botte": è quanto dice Michelle Sala, la cugina di Omar Bassi, che in un lungo video condiviso su Facebok ricostruisce quanto accaduto la sera del 20 luglio alla discoteca Dolcebeach di Origgio, nel varesotto, quando il cugino, poi deceduto il 5 agosto, intervenuto in una rissa per difendere il fratello minore Thomas, fu picchiato da alcuni buttafuori "con calci e pugni in testa e ai fianchi".
    "Alcuni familiari hanno provato ad aiutarlo, ma i buttafuori non li facevano avvicinare e hanno detto al fratello 'non ti avvicinare sennò fai la stessa fine'" racconta Michelle, ricordando che poi, la stessa sera, "il papà di Omar ci ha portati al pronto soccorso del Sacco dove c'era tanta attesa e siamo andati via, due giorni dopo però Omar sentiva mal di testa e nausea, allora la mamma l'ha portato all'ospedale di Garbagnate, dove gli hanno fatto la Tac e non è emerso nulla, lo hanno mandato a casa e gli hanno detto di ripresentarsi se aveva mal di testa e nausea, ma Omar stava bene e il 2 sono partiti" per la Calabria.
    Poi il 5 mattina, mentre era sotto la doccia, il 23enne "si è accasciato a terra e non si è più ripreso, è stato intubato sul posto e portato all'ospedale del paesino dov'erano, che purtroppo non era attrezzato, quindi è stato portato in elisoccorso a Reggio Calabria dove gli hanno fatto una tac con contrasto da cui è risultato che il cervello era pieno di sangue. Poche ore dopo, il 5 agosto, il cuore di Omar ha smesso di battere". Il ragazzo, originario di Bollate, era un donatore di organi, che sono stati donati.
    "Questo dolore - sottolinea Michelle - per la mia famiglia è straziante, ciò che chiediamo è giustizia, che venga fuori la verità, che sia accertato ciò che è successo e che i colpevoli paghino per questo". "Non è la prima volta che assisto a violenze del genere in discoteca" sottolinea la ragazza, che si augura che pestaggi del genere non accadano mai più.
   

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