"Riteniamo fondamentale ricordare
la scia di sangue, drammatica, che è stata lasciata sulle nostre
strade e farlo nei luoghi in cui è esercitata la giustizia e il
diritto è importante perché vogliamo che questi luoghi vengano
aperti alla cittadinanza e diventino luoghi nei quali costruire
un dialogo e una collaborazione per contrastare tutte le mafie,
rifiutando i metodi coercitivi e ribellandosi a questi". È
quanto ha dichiarato il presidente della Fondazione Trame Nuccio
Iovene a margine dell'inaugurazione della mostra fotografica
"Gli Invisibili. Ammazzati dalla mafia e dall'indifferenza", a
cura di Lavinia Caminiti, in esposizione all'interno del
Tribunale di Cosenza.
La mostra è ideata dall'Associazione nazionale magistrati di
Catanzaro in collaborazione con la Fondazione Trame ETS di
Lamezia Terme. Protagonisti saranno i Palazzi di Giustizia delle
Città, intesi non solo come luoghi di esercizio della
giurisdizione, ma come veri e propri centri culturali per una
rinnovata coscienza collettiva. L'esposizione, visitabile fino a
febbraio 2025, racconta le storie delle vittime della mafia
spesso dimenticate, e dei luoghi in cui si consumarono quelle
tragedie, con l'obiettivo di mantenere viva la memoria
collettiva e sensibilizzare il pubblico sui temi della legalità
e della giustizia.
"Questa mostra - ha spiegato Giovanni Strangi dell'Anm di
Catanzaro - vuole ripartire dal ricordo, ritornare alle radici
di quella che è la storia degli ultimi anni, del passato recente
del Meridione d'Italia, perché sia un momento di riflessione
condivisa su quello che è accaduto, e dal quale muovere con un
rinnovato impegno quotidiano, non solo della collettività
intera, ma di ciascuno, di noi magistrati, ma anche degli altri
ordini professionali, della società in generale. La mostra non
vuole essere una selezione tra alcune vittime di mafia e altre,
ma è stato richiamato all'interno dell'esposizione il ricordo di
alcuni dei momenti più significativi che passano anche per un
carattere non famoso delle vittime".
"Vogliamo offrire uno spaccato - ha concluso Strangi - e
chiarire che non c'è distinzione tra le vittime. La mafia non
uccide con una distinzione particolare e quindi sono richiamate
vittime che appartengono alle più diverse estrazioni sociali,
alle più diverse professioni e il cui solo impegno è stato
l'elemento distintivo che li accomuna".
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