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"Un caso di giustizia negata',presentato libro di Doris Lo Moro

"Un caso di giustizia negata',presentato libro di Doris Lo Moro

L'assassinio del padre e del fratello e l'agire per la legalità

LAMEZIA TERME, 31 dicembre 2024, 10:10

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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"Un caso di giustizia negata ma anche un modo per evidenziare come l'indagine non sia stata portata avanti per minacce ad un parente di un magistrato di rango. Parlo di una vicenda caratterizzata da un'indagine sbrigativa e di un processo con assoluzioni in un contesto di errori. E lo dico anche da addetta ai lavori. Parlo di una vicenda che oltre ad essere personale, mi ha dato spunto per parlare anche di fatti violenti subiti da tanti in contesti mafiosi, casi di femminicidi, violenze di ogni di genere". Lo ha detto Doris Lo Moro, in occasione della presentazione del libro "Forte come il dolore. Un caso di giustizia negata" scritto dall'ex parlamentare e assessore regionale alla Sanità, nonché magistrato e già sindaco di Lamezia Terme.
    Nel libro, edito da Grafichè e che ha una prefazione dell'ex presidente della Camera dei deputati, Luciano Violante, è narrata l'esperienza personale di Doris Lo Moro, che ha subito la perdita tragica del padre, Giuseppe Lo Moro e del fratello, Giovanni, assassinati nel 1985 in un contesto di violenza mafiosa a Filadelfia nel Vibonese. Nonostante i processi avviati, nessuno è stato condannato per quei crimini. "Una vicenda - ha sostenuto Lo Moro - che per me ha significato anche impegnarsi nella vita sia da addetta ai lavori appunto come dicevo prima, sia nell'impegno politico e sociale. Quello che voglio dire con questo libro è affermare il principio che mi ha accompagnato nella vita e nelle mie esperienze di lavoro e politiche, ovvero agire sempre per l'affermazione della legalità. Un'esperienza questa, per dire che dal dolore si può avere la forza per combattere, rialzarsi e andare avanti. Era l'unico modo per sopravvivere dopo quanto accaduto".
    "Sono passati 40 anni dalla tragedia che ha sconvolto la mia famiglia - ha sottolineato Lo Moro - e in questi 40 anni ho conosciuto tante vittime. Spesso, soprattutto negli impegni politici, sono stata vicina alle vittime di vario genere, ai fenomeni come il femminicidio, alle intimidazioni di amministratori, alle vittime di 'ndrangheta, di mafia. Sono sempre stata dalla parte delle vittime e non è un caso. Ora era arrivato il momento di esserlo, anche di trasmettere un messaggio di comunanza. È importante capire quanto dolore c'è nella nostra società, ma non solo per un fatto così affettivo, sentimentale. Perché lo Stato e la comunità deve dare maggiori risposte. Quando succede un fatto di questo genere, la prima cosa che succede è che la vittima deve dare delle spiegazioni.
    Ma perché è successo? La ricerca di un motivo. C'è sempre questa ansia crescente che apparentemente è umana, ma che sostanzialmente allontana da sé la violenza. Perché chi si chiede cos'è successo, e l'ho pensato anche io tante volte quando ero più ragazza, a me non potrebbe succedere, non ci sono motivi, la cosa triste è che queste cose succedono anche senza un motivo e oggi ne vediamo tante cose che succedono, allora c'è bisogno che la comunità capisca fino in fondo che queste cose appartengono a tutti e che sia solidale nei fatti, che si diano risposte, una delle risposte che spesso non si dà è proprio quella che devono dare le istituzioni e cioè è la giustizia, le sentenze, spesso non ci sono proprio processi perché spesso si resta davanti ai responsabili non individuati".
    "Altre volte, come nel nostro caso - ha detto Lo Moro - si sono individuati dei responsabili e non si arriva a sentenze di condanna. Io ho vissuto questa violenza, e l'ho vissuta anche in una vista particolare, da magistrato, da giudicante. So quanto ho sofferto e so quanto ho cercato di capire quanto è stato difficile restare dalla parte della giustizia, con la 'G' maiuscola, sapendo che i giudici possono e sono fallibili, possono sbagliare. Ma so anche che il messaggio che vorrei trasmettere ai miei ex colleghi, a partire da mia figlia, che è una giovane collega, è che non devono dormire tranquilli, devono fare il loro dovere, non devono disfarsi dei problemi. Non devono scegliere la strada più facile, che potrebbe essere quella dell'assoluzione".
   

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