Palazzo Fienga,
ormai vuoto, resta presidiato dalle forze dell'ordine.
Carabinieri, polizia e guardia di finanza, col supporto degli
agenti di polizia municipale, resteranno lì fino a quando non
saranno chiusi tutti i possibili accessi. È questa la fine della
roccaforte del clan Gionta, il luogo dove - secondo gli
inquirenti - venivano delineate le principali strategie
dell'organizzazione criminale operante a Torre Annunziata
(Napoli): dai delitti di camorra (le immagini della partenze dei
killer di Ettore Merlino del 2007 fecero molto scalpore) agli
affari legati allo spaccio di droga, fino alla convocazione
degli imprenditori sottoposti a estorsione.
Ma nessuno, in una giornata comunque storica nella lotta al
clan che per anni ha insanguinato la città oplontina, usa toni
trionfalistici. Il procuratore capo della Procura torrese,
Alessandro Pennasilico, in una conferenza stampa ha ammonito:
''Non celebriamo una vittoria ma il risultato ottenuto grazie a
una sinergia portata avanti tra le procure e con la Questura di
Napoli, comandi provinciali delle forze dell'ordine e direzione
distrettuale antimafia. Importante anche la volontà del
sindaco''.
A questi ora passa la responsabilità di gestire l'immobile di
via Bertone. Negli anni altre ordinanze di sgombero e denunce di
dissesto erano state puntualmente disattese. Tanto che oggi
proprietari e occupanti risultano indagati a vario titolo per
non avere ottemperato, tra l'altro, anche a una ordinanza
urgente di messa in sicurezza. Alla conferenza anche il
procuratore capo di Napoli, Giovanni Colangelo, e l'aggiunto
Filippo Beatrice: ''Sarebbe sbagliato pensare che il clan Gionta
è finito. Oggi parliamo di un'organizzazione in evidente
difficoltà, ma nei nostri territori è sempre possibile una
rigenerazione''.
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