Negli ultimi dieci anni in Campania
sono 44.179 i reati contro l'ambiente, con 39.176 persone
denunciate e arrestate e 12.580 sequestri effettuati. La maggior
parte dei reati sono concentrati nelle province di Napoli (38
per cento) e Salerno (28 per cento). E' quanto emerge dal
Rapporto Ecomafie 2020 di Legambiente Campania. Nel 2019 sono
stati 5.549 i reati accertati di illegalità ambientale con un
aumento del 44 per cento rispetto al 2018. A 'spartirsi la
torta', insieme a imprenditori, funzionari e amministratori
pubblici ''collusi'', sono 90 i clan attivi in tutte le filiere
analizzate da Legambiente: dal ciclo del cemento a quello dei
rifiuti, dai traffici di animali fino allo sfruttamento delle
energie rinnovabili e alla distorsione dell'economia circolare.
''I numeri e le storie raccolte nel rapporto - ha detto
Mariateresa Imparato, presidente Legambiente Campania -
dimostrano inequivocabilmente come il crimine ambientale sia
essenzialmente un crimine d'impresa. Se le mafie continuano a
essere una minaccia per l'ambiente, una parte rilevante la
giocano imprenditori e professionisti spregiudicati e senza
scrupoli e pubblici dipendenti infedeli avvinti dalla
corruzione. I nuovi strumenti di repressione garantiti dalla
legge 68 del 2015 - ha aggiunto - stanno mostrando tutta la
loro validità sia sul fronte repressivo sia su quello della
prevenzione ma non bisogna abbassare la guardia ed è urgente
affiancare alla risposta giudiziaria, una risposta
politica-istituzionale ancora troppo carente''. Dal Rapporto
emerge che negli ultimi dieci anni in Campania sono state
movimentate 10 milioni di tonnellate di rifiuti. E proprio i
rifiuti e il cemento sono i settori in cui le ecomafie agiscono
maggiormente. Ma se crescono i reati ambientali, sta crescendo
anche l'impegno di contrasto di cittadini, associazioni e
comitati con l'avvio di 158 procedimenti penali e 98 beni
sequestrati per un valore di 32,7 milioni di euro.
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