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Ucciso per errore: ergastolo al killer assolto in primo grado

A Napoli. Madre vittima: "L'ho perdonato, abbraccerei sua mamma"

(ANSA) - NAPOLI, 18 MAG - Ha ribaltato la sentenza di assoluzione, la Corte di Assise di Appello di Napoli che oggi ha condannato all'ergastolo Enrico La Salvia, ritenuto dalla Dda appartenente al clan Sequino del Rione Sanità di Napoli, accusato di avere ucciso Antonio Bottone, un ragazzo di appena 20 anni estraneo agli ambienti criminali, colpito a morte per errore durante un agguato scattato la sera del 6 novembre 2016, a Napoli, davanti a un "pub".
    La Salvia venne assolto, il 16 luglio del 2021, dal gup di Napoli Anna Tirone (17esima sezione) per non avere commesso il fatto. I giudici di secondo grado, invece, ora lo hanno ritenuto adesso pienamente colpevole.
    L'unica colpa di Antonio, raggiunto da un colpo di pistola calibro 7,65 alla testa, mentre teneva in braccio una bambina con la quale stava giocando, fu quella di essere amico del vero obiettivo dell'agguato, Daniele Pandolfi, ritenuto legato alla famiglia malavitosa dei Vastarella, rimasto ferito nel raid.
    Pandolfi, successivamente diventato collaboratore di giustizia, rese dichiarazioni inizialmente classificate inaffidabili dal giudice. L'agguato scattato ai Colli Aminei, maturato nell'ambito di una faida tra i due clan, venne portato a termine malgrado davanti al negozio ci fossero anche dei bambini.
    "Giustizia è fatta - ha commentato Luigi Bottone, padre della vittima - la mia sofferenza è stata ed è enorme. Sono passati sei anni dal giorno in cui mi si è aperta questa ferita, che non si rimarginerà mai per nessuna sentenza può restituirci Antonio".
    "Io quel giovane che ha sparato l'ho perdonato", ha detto invece la madre di Antonio, Patrizia Polito, che aggiunge: "Vorrei abbracciare la madre di chi ha sparato: comprendo il suo dolore". Soddisfazione per la condanna è stata espressa anche dalle due sorelle di Antonio, Barbara e Vincenza. Per l'avvocato Sergio Pisani, legale, sin dal primo grado, della famiglia Bottone, "si è conclusa una vicenda dolorosa e un processo attraverso il quale è stata data giustizia a una famiglia che non ha mai smesso di affidarsi allo Stato".  

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