Il Tribunale di Napoli Nord ha
condannato il poliziotto Oscar Vesevo a sei anni e due mesi di
carcere per il furto della pen-drive di Michele Zagaria,
avvenuta durante le fasi di cattura del capo del clan dei
Casalesi, il 7 dicembre 2011, nella villa di Casapesenna
(Caserta) demolita qualche mese fa.
Vesevo era imputato per peculato in relazione al furto del
supporto, per truffa, accesso abusivo a sistema informatico e
corruzione, perché, per la Dda, avrebbe venduto la pen-drive per
50mila euro a un imprenditore che però è stato però assolto da
questa accusa, al termine di un altro processo conclusosi anni
fa. Lo scorso 10 maggio la Direzione Distrettuale Antimafia di
Napoli aveva chiesto sette anni di carcere per Vesevo.
Al poliziotto era contestata anche l'aggravante mafiosa, che
il collegio giudicante presieduto da Nigro ha però escluso:
l'imputato è stato riconosciuto colpevole di peculato (4 anni e
sei mesi) e di due episodi di truffa (un anno e otto mesi) in
relazione alla vendita di un casa all'asta.
Il poliziotto, difeso dall'avvocato Giovanni Cantelli, che
era in servizio alla Squadra Mobile di Napoli quando avvennero i
fatti, è stato invece assolto dalle accuse di corruzione e
accesso abusivo sistema informatico.
Ad accusare il poliziotto è stata, in particolare, Maria
Rosaria Massa, moglie di Vincenzo Inquieto, il vivandiere
dell'ex primula rossa del clan dei Casalesi, classificata come
"testimone inaffidabile" dall'avvocato di Vesevo. Massa,
condannata per favoreggiamento così come il marito, ha
raccontato durante il processo che l'imputato aveva preso la
pen-drive, ma ha anche specificato che il supporto era della
figlia e conteneva musica e documenti personali della ragazza,
non i segreti del capoclan come ritenuto dalla Dda.
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