Gennaro Lametta, il proprietario
dell'autobus precipitato dal viadotto Acqualonga dell'A16 a
Monteforte Irpino, la sera del 28 luglio 2013, quando si
verificò una strage, ha inoltrato attraverso il suo avvocato una
richiesta di risarcimento danni alla casa costruttrice del
veicolo coinvolto nell'incidente e ad Autostrade per l'Italia.
Quella sera di dieci anni fa 40 persone morirono e altre 29
rimasero ferite tra coloro che viaggiavano nei veicoli urtati
durante la corsa del bus, prima che finisse giù dal viadotto.
"A seguito del processo di primo grado - scrive l'avvocato
Sergio Pisani, legale di Lametta (che è stato condannato a 12
anni) - è stato infatti accertato... che a causa di un evidente
e grave errore di progettazione del bus, il distacco del giunto
cardanico del mezzo provocava la rotazione e l'urto della
trasmissione contro i soffietti dei serbatoi d'aria dei freni,
mandando in avaria il sistema frenante".
Alla guida del bus c'era il fratello di Gennaro Lametta,
Ciro, che, viene sottolineato dall'avvocato, "nonostante
numerosi tentativi ... diretti a ridurre la velocità - senza
poter utilizzare i freni - per arrestare la marcia del
veicolo... perdeva il controllo del bus che impattava con
diverse autovetture incolonnate nella medesima carreggiata prima
di precipitare dal viadotto Acqualonga", protetto da barriere di
sicurezza in condizioni manutentive, secondo il legale,
"pessime".
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