È fuori pericolo la detenuta di
39 anni (non 37 come riferito in precedenza) che stamattina ha
tentato di togliersi la vita ingerendo candeggina nel carcere di
Lauro, istituto a custodia attenuata per detenute madri in
provincia di Avellino. La donna, ricoverata in codice rosso al
pronto soccorso dell'ospedale di Avellino, è stata sottoposta a
lavande gastriche e resterà sotto osservazione per le prossime
48 ore. La donna, di origini pugliesi, è in carcere dopo una
condanna passata in giudicato a sei anni e tre mesi di
reclusione per rapina.
"È la spia del grave malessere psicologico delle madri
detenute, nonostante condizioni detentive ben lontane da quelle
che si vive negli istituti ordinari", commenta Samuele
Ciambriello, garante regionale della Campania delle persone
detenute che martedì scorso, in video-chiamata, aveva parlato
anche con la donna. "Da quel colloquio -riferisce il Garante-
nulla lasciava presagire la prostrazione che ha indotto la
39enne a tentare il suicidio. Era apparsa apparentemente
rincuorata per il fatto che tra pochi mesi avrebbe potuto
usufruire di permessi. Evidentemente lo stigma di crescere i
propri figli in carcere costruisce giorno dopo giorno una
sofferenza latente ma profonda che finisce poi per esplodere".
Ciambriello chiede di porre fine "alla surreale situazione dei
bambini in carcere".
Nella casa circondariale di Lauro sono detenute nove donne,
quattro italiane e cinque straniere, insieme ai loro undici
figli. Negli istituti italiani a custodia attenuata, in
Lombardia, Piemonte, Puglia, Umbria, Veneto e Campania (Lauro)
le donne detenute sono 21 e 23 i bambini.
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