Riapre oggi al rione Sanità di
Napoli la Chiesa 'azzurra' dei Cristallini, chiusa dagli anni
'80 e che viene restituita al culto e all'inclusione sociale. Il
restauro e la riapertura, fanno parte del progetto "Luce al
Rione Sanità", avviato nel 2021 dalla Cooperativa La Paranza e
finanziato da Fondazione con il Sud e Fondazione di Comunità San
Gennaro insieme a Intesa Sanpaolo. Ma il progetto, spiegano i
realizzatori, interviene anche su alcuni asset del Pnrr: il
contrasto alle disuguaglianze, l'inserimento lavorativo dei
giovani, la rigenerazione urbana, la valorizzazione dei beni
culturali con il contributo del Terzo Settore.
La chiesa di Santa Maria Maddalena ai Cristallini sorge in
via dei Cristallini, appunto, una stradina cupa che una volta
era un ghetto della Sanità: il luogo in cui la camorra fece
esplodere un'autobomba nel 1998, provocando venti feriti. Ora,
con la riapertura della chiesa, "tutto sarà diverso", viene
assicurato. Il progetto, nel corso degli ultimi due anni, ha
visto l'attivazione di workshop artistici rivolti a 60 ragazzi,
dai 16 ai 25 anni. Durante uno dei percorsi formativi, i giovani
del quartiere hanno dipinto, con circa venti tonalità di
azzurro, gli interni della chiesa insieme agli artisti Tono
Cruz, di Gran Canaria, il cileno Mono González e Giuliana Conte,
italiana, che ha realizzato i ritratti ondeggianti lungo la
navata.
Nella chiesa, la Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti ha
condiviso un dono di Ennio Morricone che nel 2013, dopo il
naufragio di Lampedusa in cui morirono almeno 386 migranti,
compose "La voce dei sommersi", una partitura che unisce i
rumori minacciosi delle onde alla stessa voce di Morricone
immedesimato in un migrante. L'altare attuale della chiesa è
stato invece realizzato dai detenuti del laboratorio di
falegnameria/liuteria del carcere di Secondigliano con la prua
di una delle barche dei migranti.
"Culto e cultura fanno un binomio che prende forma alla
Sanità, in questa chiesa, che è una 'casa' che risponde
all'esigenza di comunità e di formazione", dice il parroco don
Luigi Calemme. Una conferma di come questo quartiere sia capace
di trasformare spazi chiusi e abbandonati in strumenti di
cambiamento e innovazione.
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