La vicenda della discarica Lo
Uttaro a Caserta - per la quale lo Stato Italiano è stato
condannato dalla Cedu - si intreccia con la storia
dell'emergenza rifiuti in Campania, protrattasi per una
quindicina di anni dal 1994 al 2009. Lo Stato iniziò ad usarla
proprio dal 1994, prima di allora era privata e si chiamava
Ecologica Meridionale, quindi prese il nome dell'area in cui
sorge.
Lo Uttaro è situata nella zona sud di Caserta al confine con
i comuni di San Nicola la Strada, Maddaloni e San Marco
Evangelista e nei pressi sorgono quartieri residenziali e
insediamenti produttivi. Per anni ha ricevuto rifiuti umidi, per
poi essere chiusa e riaperta nella primavera del 2007 - col nome
Lo Uttaro 2 o Nuova Lo Uttaro - nel periodo più cupo della crisi
rifiuti, quando i sacchetti di immondizia riempivano le strade
dei comuni, in particolare delle province di Caserta e Napoli,
arrivando fino ai primi piani delle case.
Con la discarica napoletana di Villaricca in esaurimento, Lo
Uttaro 2 fu aperta in fretta e furia, in una sorta di continuità
con l'invaso usato dal '94 - Lo Uttaro 1 - e ciò avvenne
nonostante le proteste dei cittadini casertani, visto che la
bonifica del primo invaso non era avvenuta e che nell'area
inoltre già sorgevano altre due discariche realizzate in
altrettante cave di tufo, un sito di trasferenza dei rifiuti e a
fianco il "panettone", ovvero una montagna di immondizia
proveniente dalla Notte Bianca tenutasi a Napoli nel 2003
(rimosso solo nel 2010).
Lo Uttaro 2 fu aperta in seguito a un un protocollo d'intesa
firmato nel novembre 2006 dal sindaco di Caserta Nicodemo
Petteruti, dal presidente della Provincia di Caserta Sandro De
Franciscis e dal commissario straordinario per l'emergenza
rifiuti in Campania Guido Bertolaso.
Antonio Limatola, direttore generale del Consorzio di bacino
Caserta 3, che gestì la discarica Lo Uttaro 2, ricorda di essere
stato contattato un pomeriggio, tra marzo e aprile 2007, da
Bertolaso. "Mi disse di aprire la discarica, già consagnataci
dal Commissariato dopo il positivo collaudo, altrimenti avrebbe
fatto intervenire l'esercito la mattina dopo. Così aprimmo Lo
Uttaro due, sebbene si trattasse di un'area già compromessa dal
punto di vista ambientale".
L'invaso, aperto dunque nel 2007, rimase in funzione solo
pochi mesi tra continue chiusure e riaperture: fu prima il
sindaco di Caserta Petteruti a chiudere l'invaso, poi riaperto
dal Commissariato di Governo, quindi lo chiuse il giudice civile
di Napoli, cui si erano rivolti i Comitati, e sempre il
Commissariato riaprì; infine, nel novembre 2007, intervennero i
carabinieri del Noe a sequestrarlo su ordine della Procura di
Santa Maria Capua Vetere. Ad inizio 2008 ci provò il Commissario
De Gennaro a riaprirla, ma non vi riuscì e venne così aperta a
Santa Maria la Fossa la discarica di Ferrandelle e Lo Uttaro
venne definitivamente chiusa.
Le indagini della Procura intanto diedero vita ad un processo
sull'apertura e la gestione dell'invaso conclusosi senza
colpevoli. "Tutte le analisi effettuate da Arpac e laboratorio
Chelab di Treviso - ricorda Limatola - diedero esito negativo
per quanto riguarda l'inquinamento della falda ma anche i
markers di tossicità. Lo Uttaro 2 fu super controllata, e anche
per questo sono stato assolto dal tribunale, ma la prima
discarica no".
Da 15 anni dunque la maxi-discarica formata da Lo Uttaro 1 e
2, per quanto chiusa, non è mai stata messa in sicurezza - o
comunque sono stati fatti solo interventi tampone - e nel 2019
la Procura di Santa Maria ha sequestrato nell'area dodici pozzi
utilizzati per le colture agricole e l'uso domestico risultati
contaminati per decenni con l'arsenico usato per l'attività
industriale. Solo qualche giorno fa il Comune di Caserta ha
annunciato lo stanziamento di 6,5 milioni di euro per bonificare
una parte della discarica Lo Uttaro, ma l'intervento, che
peraltro partirà nel 2024, è arrivato troppo tardi.
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