"Quella che stiamo
registrando è la mancanza di lavoratori opportunamente formati e
dunque competenti. Ormai in tutti i settori, non solo nel
terziario, un lavoratore su due non si presenta o comunque non
ha le competenze richieste dalle aziende. E questo è
evidentemente un problema".
A parlare è Paolo Arena, presidente del fondo For.Te., fondo
paritario interprofessionale nazionale per la formazione
continua del terziario (che ha come soci fondatori
Confcommercio, Confetra, Cgil, Cisl e Uil) che oggi e domani a
Sorrento (Napoli) ha promosso il secondo forum sulla formazione
continua sul tema "Dare forma al futuro-La centralità delle
competenze. In Europa da protagonisti o da spettatori?" che
metterà a confronto diversi esperti e rappresentanti
istituzionali.
Arena, a margine della presentazione della due giorni, ha
posto l'accento sulla centralità della formazione, sottolineando
come, pur in presenza di dati Istat riferiti ad agosto che
parlano di una disoccupazione scesa al 7,3%, con - 0,2 punti
rispetto a luglio (ai minimi da 14 anni), e con l'occupazione
salita al 61,5%, con un +0,1% sul mese precedente, permangono
diversi elementi critici: "Che sono rappresentati - spiega -
soprattutto dalla ancora scarsa partecipazione femminile al
mondo del lavoro. Il 43% delle donne è inattivo, e poi c'è la
difficoltà della popolazione giovane ad inserirsi. Nel 2022 i
giovani che non studiano e non lavorano, i cosiddetti Neet, sono
quasi un quinto della popolazione tra i 15 e 29 anni (circa 1,7
milioni di ragazzi). Un tasso di 7 punti superiore a quello
della media europea". "Sappiamo - aggiunge - quanto sia
straordinario l'apporto delle donne per la crescita di un Paese
e nello specifico di un'azienda. Dovremo ragionare sempre di più
su quale supporto dare alle donne e alle famiglie".
Arena ha poi fatto riferimento ai dati Eurostat, per i quali
l'Italia ha un tasso di partecipazione alle attività formative
inferiore di 2,3 punti percentuale rispetto alla media europea.
La Svezia è il Paese che registra la percentuale più alta
(36,2%), con l'Italia distante oltre 26 punti percentuali da
questa best practice, una quota che pone il nostro Paese al di
sotto del valore medio europeo (11,9%).
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