Cos'è stato Diego Armando Maradona
per Napoli e la sua gente? Cosa ha lasciato? Marco Bellinazzo,
'guaglione' del Rione Sanità da anni trapiantato al Nord ma
sempre fedele all'azzurro del mare della sua città e della sua
squadra del cuore, cerca di spiegarlo nel libro di Cairo Editore
in uscita in questi giorni, "Il Napoli di Maradona - Il primo
scudetto e l'ultima vittoria", che aggiorna "Il Napoli di
Maradona - Cronistoria di un sogno", uscito nel 2012. Si parte
dell'apice della parabola sportiva del 'Pibe de Oro' - che
lunedì prossimo, 30 ottobre, avrebbe compiuto 63 anni - quando
tra l'estate del 1986 e quella del 1987 prima regala il
Mondiale, (quello della 'Mano de Dios' e del gol più bello della
storia) all'Argentina, e poi un primo storico scudetto al
Napoli. Quel calcio, che davvero come scrive Bellinazzo era
un'opera d'arte, diede agli azzurri un altro titolo e una Coppa
Uefa, nel segno di un amore, e questo è uno dei lati più
interessanti della storia, che non conosce barriere
generazionali. A Napoli tutti venerano Diego Maradona, anche
quei ragazzini che non lo hanno mai visto giocare, ma ai quali
padri e nonni raccontano le imprese e le giocate di quel numero
10 che insieme a Pelé è stato il miglior calciatore della
storia. Poi, come scrive Bellinazzo nell'introduzione, "quando,
la scorsa primavera, il Napoli ha vinto il suo terzo scudetto,
la città si è dipinta d'azzurro e del tricolore, come oltre 30
anni prima. E come allora ovunque è apparso il volto o
un'immagine di Maradona, quasi fosse il nume tutelare della
vittoria, il Santo laico chiamato ad accompagnare e benedire i
nuovi eroi dei tifosi, emblema di rinascita e protettore di un
popolo che mai potrà dimenticarlo". E' proprio così, basta
andare nell'antica Partenope e ci vuole un attimo a capirlo. E
rimane difficile, a chi ama il calcio, non emozionarsi davanti a
quei simboli e a quel murales dei Quartieri Spagnoli, chiesa di
un culto pagano ma non meno ricco di passione.
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