Il turismo storico-archeologico del
Sud è polarizzato in misura decisa sulla Campania e, in
particolar modo, sulla provincia di Napoli - che da sola assorbe
il 67% circa di tutti i visitatori del sistema museale ed
architettonico-monumentale del Meridione ed è, con i suoi oltre
3,5 milioni di visitatori, seconda soltanto a Roma, distanziando
persino i 2,5 milioni di visitatori di Firenze.
È il dato che emerge dalla ricerca "Il valore aggiunto del brand
Unesco sui territori" a cura di S.R.M. Studi e Ricerche per il
Mezzogiorno Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo
presentata oggi alla XXV Borsa Mediterranea del Turismo
Archeologico nel corso della conferenza "I Comuni archeologici
Unesco per un turismo culturale esperienziale e sostenibile"
promossa nell'ambito della Celebrazione del 25° Anniversario del
Sito Unesco di Paestum in collaborazione con Anci Associazione
Nazionale Comuni Italiani.
"Dalla Bmta e dalle sue conversazioni annuali possono partire i
nuovi modelli di valore, autenticità e integrità che sono le
caratteristiche del nuovo modo di valutare i luoghi degni di
entrare nelle liste dell'Unesco - è il messaggio dell'Unesco,
portato dal già vice direttore generale per la Cultura Mounir
Bouchenaki, presidente onorario della Bmta -. Il percorso è
cambiato dal 1979, quando il riconoscimento andò all'Arte
Rupestre della Val Camonica. Oggi, senza abbandonare il valore
universale dei luoghi, è un percorso che parte dal basso, dalla
capacità e dalla voglia di fruire dei luoghi da parte delle
popolazioni, che per ottenere questo riconoscimento compiono un
lungo e non solo di raccolta dati e testimonianze".
Nel 2022 la spesa turistica degli stranieri in Italia torna ai
livelli pre-Covid, con un trend costantemente crescente, ma solo
7,4 miliardi dei 44,3 spesi in Italia da viaggiatori
internazionali, ovvero meno del 17%, ricadono nel Mezzogiorno,
benché 12 dei 45 siti archeologici Unesco, ovvero circa il 27%,
siano concentrati al Sud.
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