(di Norberto Vitale)
"Tornate... Qui se ne sono andati
tutti, specialmente chi è rimasto". A 43 anni dal terremoto che
il 23 novembre del 1980 sconvolse l'Irpinia e ne cambiò la
storia, il tema è proprio quello sintetizzato poeta-paesologo
Franco Arminio, originario e residente a Bisaccia, in provincia
di Avellino: arginare lo spopolamento delle aree interne e, al
tempo stesso, combattere la rassegnazione di quanti sono
rimasti.
Alle 19:34 di quella domenica, sotto le macerie provocate
dalla scossa di magnitudo 6.9 Richter persero la vita 2.735
persone, soprattutto nei "paesi-presepi" dell'Alta Irpinia.
Altre novemila rimasero ferite in un panorama apocalittico che
rase al suolo diciotto comuni e ne devastò 99. Trecentomila
abitazioni si sbriciolarono in novanta secondi su un'area di 17
mila chilometri quadrati.
La ricostruzione delle abitazioni, portata a termine soltanto
qualche anno fa, gli investimenti per gli insediamenti
industriali nelle aree del "cratere", sostenuti da finanziamenti
monstre che negli anni Novanta furono oggetto di una durisima
contrapposizone Nord-Sud, non hanno impedito che oggi l'Irpinia
si ritrovi abbandonata dalle sue migliori potenziali energie:
sempre più giovani, diplomati e laureati, si trasferiscono per
trovare opportunità di lavoro in altre regioni italiane o
all'estero. Lo storico Toni Ricciardi ha calcolato che ogni anno
la provincia di Avellino perde in proporzione un paese di
duemila abitanti.
Nella sua Bisaccia, nell'Irpinia 'd'Oriente', Arminio ha
organizzato, a partire da giovedì, quattro giorni di incontri,
dibattiti, assemblee aperte per ricordare "il giorno che cambiò
la storia di questa terra" e per rilanciare quella che è una
vera e propria battaglia per il futuro: "La prima regola per
affrontare questa sfida - dice il poeta - è quella di non
piangersi addosso. Siamo rimasti in pochi, ma non possiamo per
questo portare il broncio all'epoca che ci è data da vivere.
Dobbiamo invece essere ostinati nella ricostruzione dello
spirito comunitario soprattutto con il contributo dei giovani e
contrapposti agli scoraggiatori militanti che ormai
costituiscono la vera e propria egemonia culturale del Paese".
Dopo 43 anni l'anniversario del sisma è ormai depurato dalle
polemiche, anche feroci, sulla qualità della ricostruzione e la
quantità delle risorse impiegate: 150 mila miliardi di lire, una
somma enorme. "Ma meno della metà di quelle risorse sono state
destinate alla provincia di Avellino", osserva Toni Ricciardi,
deputato irpino del Pd eletto nella circoscrizione Estero che
insegna Storie delle migrazioni all'Università di Ginevra.
In realtà, la spesa divenne così imponente e incontrollabile
perché dagli iniziali 280 comuni direttamente coinvolti dal
sisma si passò a 687 tra Campania, Puglia e Basilicata. Come la
proliferazione delle aree industriali: venti in totale, solo
nove delle quali in provincia di Avellino. Si parlò di
Irpiniagate, ma - come ha continuato a ripetere il leader della
Dc ed ex presidente del Consiglio Ciriaco De Mita, scomparso il
26 maggio dell'anno scorso a 94 anni, anche da sindaco di Nusco
- "gli stessi che decisero l'allargamento a dismisura dell'area
del terremoto, sono poi diventati i più accaniti censori dei
costi sostenuti per la ricostruzione".
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