Figurano anche partiti ed ex
partiti politici tra gli affittuari degli immobili commerciali
del comune di Napoli che da anni e anni non pagano la pigione:
la circostanza emerge dalla imponente indagine della procura
della Corte dei conti della Campania che ieri ha portato alla
notifica di una prima tranche di 15 inviti a dedurre nei
confronti di ex dirigenti e dirigenti dell'amministrazione
comunale partenopea e della società affidataria del patrimonio
immobiliare "Napoli Servizi".
Sono centinaia gli immobili su cui si sta concentrando
l'attenzione dei pm Davide Vitale e Ferruccio Capalbo: ci sono
anche importanti negozi di abbigliamento collocati in zone del
capoluogo partenopeo ad alta vocazione commerciale, e
addirittura la sede di un'istituzione religiosa (Chiesa
Cristiana Evangelista Pentecostale) che risulta morosa per circa
110mila euro.
Per quanto riguarda i partiti politici ed gli ex partiti
politici, le morosità variano tra i circa 130mila euro dei
Democratici di Sinistra, ai circa 110mila euro di Rifondazione
Comunista, dai circa 130mila euro di Forza Italia e intorno ai
180mila euro del Partito dei Comunisti Italiani.
La "mala gestio" dei cespiti a vocazione commerciale del
comune partenopeo ha prodotto un ammanco nelle casse che si
aggira intorno agli 80 milioni di euro mentre la cifra
complessiva, che annovera anche quelli non commerciali, supera i
283 milioni. Le notifiche di ieri emesse della Procura della
Corte dei Conti della Campania rappresentano, quindi, solo la
punta dell'iceberg della complessiva inchiesta di sistema e ci
vorranno anni per completare il lavoro.
Per contestare danni erariali e consequenziali responsabilità
occorrono istruttorie approfondite che, al momento, sono state
esperite per soli 10 dei circa 150 immobili commerciali nella
titolarità comunale riportanti morosità dai 100 mila ai circa
800 mila euro (un negozio di abbigliamento nel cuore della
città). Dagli accertamenti è emerso anche il fenomeno
dell'occupazione abusiva dei cespiti, e al vaglio c'è anche la
presenza di eventuali forme di speculazione innescate, appunto,
dalla gestione approssimativa del patrimonio.
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