"Quando muore un bambino, la
società in primis e la famiglia si devono sempre mettere in
discussione: un bambino non è solo di una madre ma è di una
madre e di un padre. E se una madre sta talmente male da non
essere in grado di occuparsene la responsabilità non è solo
sua". Punta il dito contro chi non si è accorto delle gravi
condizioni psicologiche in cui versava l'imputata, la dottoressa
Alessandra Bramante, consulente dell'avvocato Salvatore Del
Giudice, legale di Adalgisa Gamba, la mamma che il 2 gennaio
2022, in provincia di Napoli, precisamente a Torre del Greco, ha
ucciso il suo bimbo di due anni e mezzo, Francesco, convinta che
fosse malato, così come lo erano la madre e il padre,
quest'ultimo finito in cura in un ospedale psichiatrico.
Oggi, durante il processo, i tre periti nominati dalla Corte di
Assise di Napoli, i professori Giuseppe Sartori, Pietro Pietrini
e Stefano Ferracuti, hanno spiegato alle parti in causa che la
donna era incapace di intendere e volere al momento
dell'omicidio e che Adalgisa non può essere ritenuta
responsabile della morte di suo figlio.
Durante il processo, più volte e da più parti, è stato
sottolineato che non esistono diagnosi in tal senso e che
proprio il timore che il piccolo potesse essere malato,
affiancato da alcuni sui comportamenti male interpretati,
avrebbe innescato ansia, angoscia e infine la psicosi reattiva
breve sfociata drammaticamente nell'omicidio del piccolo.
La dottoressa Bramante, che è anche consulente dell'avvocato che
ha difeso Alessia Pifferi, qualche giorno fa condannata
all'ergastolo, rispondendo alle domande dei giornalisti, ha
voluto evidenziare le differenze tra i due casi ma anche
un'analogia: anche in questo caso "la famiglia se ne è lavata
completamente le mani, si è dimenticata di queste persone, non
si è ritenuta responsabile". Per la dottoressa non si è neppure
tentato di capire il dramma di quella donna, anzi: "ho visto
mariti che hanno chiaramente detto 'io vicino a te non voglio
più stare, perché quello che hai fatto a mio figlio è
intollerabile, ma poi hanno cercato di capire. Non si sono
costituiti parte civile per far vedere che non avevano nessuna
responsabilità".
Prima di lasciare Napoli e tornare a Milano la consulente
dell'avvocato Salvatore Del Giudice ha ricordato un episodio che
l'ha particolarmente colpita: "Io ricordo che la prima volta che
ho visto la signora, credo 15 giorni dopo l'omicidio: mi ha
detto 'io sto meglio qua che a casa': evidentemente a casa sua
c'era l'inferno. Perché lei, con questa situazione del bambino
(che potesse essere malato come la madre e il padre), stava
vivendo l'inferno. Era convinta che ormai non valeva più la pena
di vivere".
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