Disagi e minacce di trasferimento
in caso di mancata sottoscrizione di un accordo transattivo
finalizzato a fare accettare alle guardie giurate dipendenti
meno di un decimo del credito derivante da straordinari non
pagati ed altri emolumenti non corrisposti e ferie e riposi non
goduti. Sarebbe stato questo il comportamento messo in atto dai
tre rappresentanti legali di due istituti di vigilanza, uno con
sede a Cosenza e l'altro ad Avellino, a carico dei quali sono
state emesse misure interdittive.
I provvedimenti sono stati emessi dal Gip di Cosenza in
accoglimento della richiesta avanzata dalla Procura della
Repubblica sulla base delle indagini condotte dal Nucleo di
polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza e dalla
Squadra mobile.
I reati contestati ai rappresentanti legali dei due istituti
di vigilanza sono estorsione, caporalato ed indebita percezione
di finanziamenti pubblici.
Le indagini che hanno portato all'emissione delle misure
interdittive si sono concentrate inizialmente sull'istituto di
vigilanza con sede a Cosenza e si sono estese successivamente a
quello di Avellino in cui era confluito il primo (di entrambi
gli investigatori non hanno reso nota la denominazione).
In una nota stampa la Guardia di finanza e la Polizia parlano, a
proposito dell'attività dei due istituti di vigilanza, di "un
sistema imprenditoriale connotato dalla riduzione dei diritti
dei lavoratori, costretti ad accettare condizioni inique per
preservare il posto di lavoro".
Nel comunicato si riferisce, inoltre, che "l'esame della
documentazione acquisita ha consentito di verificare che
l'istituto di vigilanza con sede a Cosenza non ha corrisposto
regolarmente retribuzioni, dal 2016 al 2021, ed evaso i
conseguenti contributi per un valore complessivo di un milione e
mezzo di euro" e che "la società, nel 2020 e nel 2021, ha
beneficiato di circa 470 mila euro di sgravi contributivi".
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