"Tutte le condotte poste in essere
convergono verso l' 'exitus', non solo rappresentato come certo
dall'indagato, ma voluto come conseguenza delle proprie azioni.
L' 'animus necandi' associato alla misericordia cristiana -
dallo stesso ammessa - determinano la propensione dell'indagato
a vestire i panni di 'angelo della morte'. In queste vesti lo
stesso prova profonda gratitudine e realizzazione". Con queste
parole il sostituto procuratore della Repubblica di Santa Maria
Capua Vetere, Annalisa Imparato, descrive la "volontà
omicidiaria" del badante Mario Eutizia, sottoposto a fermo dopo
essersi auto accusato di quattro omicidi.
Secondo il pubblico ministero, "la somministrazione lenta e
continua di dosi massicce di farmaci potenzialmente letali ove
abbinati, compendiata dal desiderio di veder cessare l'agonia
degli anziani, non può che dimostrare che Eutizia, conoscitore
delle caratteristiche dei farmaci sia per l'esperienza
lavorativa che per l'assunzione personale in quanto già paziente
oncologico, voleva cagionare la morte dei suoi assistiti. Una
morte certa in considerazione dell'età degli stessi e delle
critiche condizioni cliniche".
Durante l'interrogatorio cui è stato sottoposto, il badante, si
legge nel provvedimento di fermo, "confessava di aver deciso di
somministrare dosi massicce di farmaci - in reiterate
circostanze e in ampio lasso temporale - in quanto spinto da una
profonda compassione e pietà per gli stessi (pazienti - ndr),
consapevole che una perdurante assunzione li avrebbe
accompagnati dolcemente verso la fine. Infatti, come dallo
stesso Eutizia ammesso, nessuno si accorgeva delle dosi
quadruplicate in quanto nessuno de familiari assisteva al
momento della somministrazione". E "non può non assumere
pregnante rilievo la richiesta avanzata da Eutizia al Pm di
essere aiutato a non 'uccidere più' perché, ove si fosse trovato
nelle medesime condizioni, a suo dire avrebbe potuto uccidere
ancora ben conscio di non poter reggere una sofferenza tale".
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