Ha sostenuto di avere dato inizio
alle incursioni informatiche dopo le perquisizioni subite, a
causa delle crisi di ansia che lo tormentano tutt'oggi, Carmelo
Miano, l'hacker siciliano arrestato nei giorni scorsi dalla
Polizia Postale al termine di indagini coordinate dalla Procura
di Napoli in relazione alle effrazioni alla rete informatica del
Ministero della Giustizia. E, soprattutto, ha ammesso di avere
violato anche la webmail degli inquirenti partenopei, e non
solo, che indagano su di lui.
Le prime azioni, ha detto l'hacker alla presenza del giudice,
dei pm titolari dell'inchiesta e del suo avvocato Gioacchino
Genchi, erano di poca rilevanza, salvo diventare sempre più
imponenti con il passare dei mesi.
Carmelo Miano, detenuto a Regina Coeli, ha sostenuto, sempre
durante l'interrogatorio di garanzia dello scorso 4 ottobre, di
avere violato le webmail di diversi magistrati inquirenti, tra
Roma, Gela e Napoli, anche quelle dei titolari del fascicolo che
lo riguarda, affermando però di non avere visualizzato i
messaggi di natura personale.
La perquisizione cui ha fatto riferimento l'ingegnere
informatico, che compirà 24 anni a fine mese, è quella del 9
settembre 2020, eseguita dai finanzieri su mandato della Procura
di Brescia.
Rispondendo alle domande del suo legale Gioacchino Genchi,
l'hacker ha posto l'accento sugli episodi di bullismo di cui
sarebbe stato vittima per una quindicina di anni, a partire da
quando ne aveva appena 4. Problemi sfociati in patologie di cui
attualmente soffre, che lo hanno costretto a casa e anche ad
abbandonare la scuola per lunghi periodi. Miano ha quindi
sostenuto di non avere mai veicolato i dati prelevati
illegalmente dall'infrastruttura informatica del Ministero della
Giustizia all'esterno del suo personal computer e di avere
mostrato a degli amici un documento che lo riguardava, redatto
dalla Guardia di Finanza. In relazione alla presunta
compartecipazione di un altro indagato, un agente della Polizia
di Stato, al furto delle informazioni (hacking e tracking),
Miano ha negato la circostanza sostenendo che, con lui, aveva in
piedi una interlocuzione inerente il tema delle cripto valute
(l'ingegnere informatico ha fatto trovare agli investigatori un
wallet di cripto valute del valore di diversi milioni), in
particolare sui prelievi e i trasferimenti. Circa i milioni di
euro in bitcoin di cui è risultato possessore, l'hacker ha
spiegato che il tesoretto (sequestrato) era frutto dell'aumento
del prezzo dei bitcoin, passati da 300 dollari e 20mila dollari.
Al termine dell'interrogatorio l'avvocato Genchi ha chiesto al
gip la sostituzione del carcere con i domiciliari e, inoltre, la
trasmissione degli atti alla Procura di Perugia in quanto, tra
le persone offese figurano i magistrati di Roma e di Napoli: per
quanto riguarda questi ultimi si tratta proprio, come detto, di
coloro che stanno indagando su Miano.
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