Si chiama "workers buyout", ed è
la soluzione estrema attraverso cui i lavoratori dello
stabilimento di Marcianise (Caserta) della multinazionale Jabil
tentano di portare dalla loro parte una vertenza che li vede al
momento destinatari della decisione aziendale di cessare
l'attività entro marzo 2025, con un alto rischio di essere
licenziati. A nulla stanno portando gli scioperi, i presidi e le
manifestazioni tra Caserta, Napoli e Roma per convincere Jabil a
restare, e così un gruppo dei 420 addetti Jabil ha avanzato
l'ipotesi di creare una cooperativa per acquisire il ramo
d'azienda - appunto il workers buyout - e salvaguardare così
l'occupazione e il know how dei dipendenti.
Questo strumento noto in altri Paesi, ma in Italia poco
conosciuto e applicato, è stato confermato dalla legge 234 del
2021, ovvero la legge di bilancio per l'anno 2022 che ha
disciplinato una serie di interventi diretti a garantire la
universalizzazione e la razionalizzazione degli ammortizzatori
sociali per fronteggiare le instabilità del mercato e supportare
le transizioni occupazionali. Una legge sfruttata dalla stessa
Jabil per poter cedere il ramo d'azienda con lo stabilimento di
Marcianise e i suoi lavoratori; solo che la soluzione
individuata dalla multinazionale Usa dell'elettronica, ovvero di
cedere il "pacchetto completo" ad una società che la stessa
Jabil ha individuato - la Tme Assembly Engineering Srl,
realizzata da Invitalia, società del Ministero dell'Economia,
insieme all'azienda casertana Tme, con sede a Portico di Caserta
- è stata già bocciata nei mesi scorsi dai dipendenti Jabil e
dai sindacati, che la vedono come fumo negli occhi, memori di
quanto accaduto qualche anno fa con le precedenti
reindustrializzazioni, quando più di duecento dipendenti Jabil
sono fuoriusciti dagli organici della multinazionale, che da
anni fa ricorso ad esuberi lamentando la scarsa competitività
del mercato italiano, per passare in aziende che avrebbero
dovuto garantire la continuità produttiva, come Orefice e
Softlab; ed invece gli ex Jabil sono finiti dalla padella alla
brace, licenziati nel caso di Orefice Group, ed in cassa
integrazione perenne in Softlab, e sempre a protestare alla
ricerca di certezze future che non arrivano.
Lo strumento del "workers buyout", cui è collegato un diritto
di prelazione per le coop dei lavoratori che volessero
attivarlo, è però sicuramente molto difficile da realizzare,
visto l'ingente impegno economico che comporta; gli addetti
Jabil ne sono consapevoli, ma l'obiettivo è cercare di
indirizzare la vertenza verso situazioni più trasparenti e a
loro congeniali. Così, molti lavoratori della Jabil si stanno
tassando per poter comprare degli spazi su testate
giornalistiche nazionali alla ricerca di un imprenditore che
abbia realmente delle commesse lavorative per poterlo inserire
nella cooperativa. Un richiamo al senso di responsabilità
imprenditoriale, mentre nello stabilimento Jabil di Marcianise
la tensione si taglia con il coltello. Ieri la decisione dei
delegati sindacali interni di non andare al tavolo sulla
vertenza in programma domani a Roma negli uffici del ministero
del Lavoro, per non trovarsi di fronte i rappresentanti della
Tme di Portico; una scelta avallata anche dalle segreterie delle
sigle sindacali nazionali, anch'esse sfilatesi dal tavolo di
domani, che a questo punto dovrebbe esserci ma senza
rappresentanti dei lavoratori. Una situazione molto pesante,
tanto che ieri in fabbrica a Marcianise alcuni dipendenti hanno
accusato malori per l'eccessivo stress accumulato negli ultimi
mesi.
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