Giovani e meno giovani, almeno duemila persone non hanno voluto mancare a Napoli alla cerimonia funebre per l'ultimo saluto ad Arcangelo Correra, il 18enne ucciso all'alba di sabato scorso da un colpo della pistola con la quale sembra stesse giocando l'amico 19enne Renato Caiafa.
Una cerimonia che ha alternato momenti di malinconia a quelli con il lancio di palloncini bianchi all'uscita della bara e le note di una tromba a suonare il silenzio.
E poi i messaggi degli amici riuniti in un video trasmesso su un monitor grande 3 metri per 2. Interventi interrotti dagli applausi della folla. Come quello della sorella più piccola di Arcangelo, che ne parla al presente e lo saluta come se stesse in partenza per un viaggio. Sulla bara, di colore bianco, una grande foto del ragazzo appena maggiorenne che sfoggia un vestito da cerimonia. All'uscita del feretro si levano in cielo palloncini e coriandoli con la folla commossa che applaude.
Una cerimonia funebre cominciata con la bara del giovane portata a spalla da amici e parenti lungo via dei Tribunali da una piccola cappella nei pressi di casa fino alla chiesa di Santa Caterina a Formiello, dove alle 15 hanno preso il via le esequie. Gremita la piazza antistante, con la chiesa che non è riuscita a contenere tutti gli amici. Diversi anche i malori tra la folla radunatasi davanti alla bara bianca del giovane. In tanti indossavano una maglietta bianca con l'immagine di Arcangelo e sul retro la scritta 'Vivi sempre in noi. Ti ricorderemo con quel sorriso stampato in faccia. Arca". Sulla bara bianca una maglietta del calcio Napoli e una foto del giovane. Intorno molti fiori bianchi. Tanta la commozione tra i presenti. Dalla folla urla di dolore e un lungo applauso.
Saracinesche abbassate per i negozi della zona.
A celebrare la funzione l'arcivescovo di Napoli don Mimmo Battaglia (con lui il parroco Carmine Amore) che ha voluto i ragazzi, gli amici di Arcangelo, davanti all'altare, proprio vicino alla bara "per poterli guardare negli occhi".
L'arcivescovo ha chiesto "se sono vere le lacrime", perchè "non possiamo essere ipocriti, altrimenti stiamo facendo di nuovo morire Arcangelo. Se non siamo qui per gridare con tutto il cuore e con tutte le nostre forze basta a questa violenza, non faremo nulla per lui. E' Arcangelo - ha concluso - che lo sta chiedendo. Basta con la morte dei ragazzi! Basta con ogni logica di violenza! Non possiamo fingere, ragazzi. E allora capite, tutto questo dipende anche da voi e da tutti noi. Ve lo chiedo con tutto il cuore: non abbiate paura di avere paura e abbiate il coraggio di avere coraggio perché le cose possono cambiare.
Questo è il modo vero e autentico che abbiamo per onorare Arcangelo".
"Permettetemi di esservi accanto e di aiutarvi a non sentirvi soli per riprendere in mano la vita e costruire una speranza", ha detto ancora don Battaglia, incrociando lo sguardo dei giovani davanti all'altare. "Ci incontriamo dove e quando volete voi, ma dobbiamo esserci come Chiesa a camminare accanto a voi". A loro ha consegnato tre parole, tutte con la lettera 'V': la Verità "Dite sempre la verità, scegliete di stare dalla parte della verità e non abbiate paura. C'è davvero bisogno della verità, di essere veri e autentici. La verità viene prima degli amici". Poi la parola Via, "che non significa scappare via, ma cambiare via", ha spiegato l'arcivescovo facendo riferimento ai tanti giovani che, prima di venire a Napoli, ha visto morire di Aids, per overdose "tutti quando stavano cominciando ad apprezzare il dono della vita". "La vita possiamo ritrovarla tutta: una persona è grande non quando non sbaglia mai, ma quando riconosce il proprio errore e trova la forza di ricominciare. E ricominciare è sempre possibile. Questa è la via nuova: ricominciare, cambiare direzione. Significa rimboccarci le maniche e metterci in gioco, credere che la violenza porterà solo violenza e dove ci sta violenza c'è solo morte. Noi vogliamo stare dalla parte della vita, non della morte". Infine, la parola Vita. "Nel nome di Arcangelo, scegliete di stare dalla parte della vita, difendetela e amatela". "Guardatevi, siete negli anni più belli della vostra vita, anni che non torneranno più. Non sprecateli ma viveteli amando la vostra vita e impegnandovi perché davvero le cose possono cambiare. Non cedete mai a nessuna logica di violenza! Se ci sono in giro armi, non servono le armi: sono morte. Non abbiamo bisogno di armi. Non c'è cosa più bella e grande della vita che guadagnarsi il pane col sudore della propria fronte guadagnato onestamente. Volete onorare Arcangelo? Scegliete l'onestà" parole accolte da un lungo e fragoroso applauso. "Se non lo fate, Arcangelo continuerà a morire. E questa volta sarà per colpa nostra".
Proseguono intanto le indagini per fare chiarezza su quanto accaduto. Secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti Arcangelo Correra avrebbe sfidato l'amico Renato Caiafa - ora in carcere - a sparargli: "Spara! Sparami qui! Vediamo se sei capace" le parole che avrebbe pronunciato, secondo la ricostruzione degli inquirenti. Il 19enne ha più volte sostenuto di essersi reso conto che la pistola, a suo dire trovata per caso in strada, era un'arma vera solo "al momento dello sparo" e solo dopo avere visto "il sangue di Arcangelo a terra".
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