Un "no" al piano elaborato dalla
multinazionale dell'elettronica Jabil come alternativa ai
licenziamenti è stato espresso dalla stragrande maggioranza dei
lavoratori dello stabilimento di Marcianise (Caserta) al termine
di una affollata assemblea tenuta sulla vertenza alla presenza
dei delegati sindacali aziendali (Rsu), e dei rappresentati
provinciali e nazionali delle sigle dei metalmeccanici
Fiom-Cgil, FIm-Cisl, Uilm e Failms. La procedura prevista dalla
legge 234 del 2021, seguita da Jabil dopo l'annuncio dato prima
dell'estate di voler cessare l'attività a Marcianise e in Italia
per marzo 2025, si chiuderà così domani senza alcun accordo tra
le parti. Il cosiddetto "piano di mitigazione sociale"
presentato da Jabil, prevedeva la cessione del ramo di azienda,
ovvero dello stabilimento di Marcianise con i suoi 418
dipendenti, alla Tme Assembly Engineering Srl, nuova società
costituita dalla Tme di Portico di Caserta, creata qualche anno
fa da un ex lavoratore fuoriuscito da Jabil, e da Invitalia,
società del Mef (Ministero Economia e Finanze); ma i lavoratori
del sito casertano hanno sempre bocciato tale piano. Era dunque
prevedibile che i lavoratori ribadissero il loro "no" anche oggi
nell'assemblea che i sindacati hanno convocato per richiedere
loro il mandato per proseguire il tavolo di confronto aperto con
Jabil a Roma presso gli uffici del Ministero del Lavoro; erano
infatti diventate divergenti nelle ultime settimane le posizioni
dei lavoratori, sempre sul fronte del "no", e quelle dei
sindacati, prima contrari al pano Jabil, oggi più inclini ad
un'apertura, in modo anche da guadagnare tempo.
Ed invece domani si apre una nuova fase della vertenza, in
cui non dovrebbe più esserci Tme, di cui i lavoratori Jabil non
si sono mai fidati, memori di quanto accaduto nel recente
passato ai loro colleghi che da Jabil sono passati, anche
convinti da incentivi in danaro, in altre aziende come Softlab e
Orefice, che non hanno però garantito, a dispetto degli accordi
firmati davanti a soggetti istituzionali come Regione e
Ministero, alcuna continuità produttiva (gli oltre 200 passati
in Softlab da mesi protestano perché quasi sempre in cassa
integrazione e senza prospettive future, i 23 finiti
nell'azienda sarda Orefice sono stati licenziati). La nuova
fase della vertenza sarà necessariamente un'incognita, perchè
andrà avanti senza alcun tavolo aperto, e dunque senza alcun
luogo di esame congiunto o di confronto, e dipenderà molto da
come si muoverà Jabil, che finora non ha mai receduto dalla
volontà di andarsene entro marzo prossimo. Anche i lavoratori
però sono rimasti coerenti: fin dall'inizio hanno detto che
"Jabil deve restare, perché il lavoro c'è", come confermerebbe
la circostanza che in questi mesi in cui non si fa cassa
integrazione e dunque tutti vengono in fabbrica, il lavoro non
sia diminuito, anzi, ci sia stato ultimamente "un vero e proprio
boom delle attività lavorative". Nella prospettiva peggiori
comunque a marzo potrebbero partire i licenziamenti, ma i
lavoratori voglion tenere alta la fiducia. "Le istituzioni -
dicevano oggi dopo l'assemblea - non possono permettere che in
un territorio come il Casertano vi siano 418 licenziamenti. Non
ci abbandoneranno".
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