La quinta sezione della Corte di
Appello di Napoli ha assolto "perché il fatto non sussiste"
Adolfo Ferraro, psichiatra ed ex direttore dell'Ospedale
Psichiatrico giudiziario di Aversa (Caserta) nei confronti del
quale era stato ipotizzato il reato di favoreggiamento personale
nei confronti di una persona ritenuta dagli inquirenti elemento
di spicco di un clan di Torre Annunziata (Napoli).
In primo grado, il Tribunale di Torre Annunziata aveva
dichiarato il reato prescritto, ritenendo però non dimostrata
l'estraneità ai fatti dello psichiatra. Ferraro ha quindi
impugnato la sentenza e rinunciato alla prescrizione per poter
ottenere una decisione che lo scagionasse nel merito: oggi
l'assoluzione con formula piena.
"Siamo veramente contenti per la decisione della Corte di
Appello - dicono gli avvocati Domenico Ciruzzi e Valerio
Esposito, difensori di Ferraro - che pone fine a una vera
odissea giudiziaria durata ben 15 anni. Un tempo infinito, in
particolare se si considera che già il Tribunale del Riesame, la
Corte di Cassazione e anche il pubblico ministero che aveva
sostenuto l'accusa nel corso del processo di primo grado avevano
ritenuto Ferraro estraneo ai fatti". "E' una sentenza -
sottolinea l'avvocato Ciruzzi - che ristabilisce la verità dei
fatti e cancella tutte le illazioni e le congetture che avevano
caratterizzato in particolare la prima fase delle indagini
preliminari. Il dottor Ferraro è uno stimatissimo ed integerrimo
professionista, un vero intellettuale, culturalmente estraneo a
qualsivoglia forma di connivenza con la criminalità
organizzata". "Ribadisco - conclude il legale - che oggi è un
giorno di gioia per la giustizia, ma quello che in questa
vicenda ho trovato davvero inaccettabile è stato l'inconscio
feroce pregiudizio accusatorio - non già del pubblico ministero
che chiese invece correttamente l'assoluzione piena, come del
resto ha fatto anche oggi il procuratore generale - bensì del
giudice di Torre Annunziata che ha inteso prescrivere e non
assolvere pur in presenza della prova chiara dell'innocenza del
nostro assistito".
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