/ricerca/ansait/search.shtml?tag=
Mostra meno

Se hai scelto di non accettare i cookie di profilazione e tracciamento, puoi aderire all’abbonamento "Consentless" a un costo molto accessibile, oppure scegliere un altro abbonamento per accedere ad ANSA.it.

Ti invitiamo a leggere le Condizioni Generali di Servizio, la Cookie Policy e l'Informativa Privacy.

Puoi leggere tutti i titoli di ANSA.it
e 10 contenuti ogni 30 giorni
a €16,99/anno

  • Servizio equivalente a quello accessibile prestando il consenso ai cookie di profilazione pubblicitaria e tracciamento
  • Durata annuale (senza rinnovo automatico)
  • Un pop-up ti avvertirà che hai raggiunto i contenuti consentiti in 30 giorni (potrai continuare a vedere tutti i titoli del sito, ma per aprire altri contenuti dovrai attendere il successivo periodo di 30 giorni)
  • Pubblicità presente ma non profilata o gestibile mediante il pannello delle preferenze
  • Iscrizione alle Newsletter tematiche curate dalle redazioni ANSA.


Per accedere senza limiti a tutti i contenuti di ANSA.it

Scegli il piano di abbonamento più adatto alle tue esigenze.

'O srngar e a chiatt', nei manifesti funebri la storia di Napoli

'O srngar e a chiatt', nei manifesti funebri la storia di Napoli

Glottologo ne raccoglie migliaia, ora sul web. Oggi un convegno

NAPOLI, 05 dicembre 2024, 18:33

Redazione ANSA

ANSACheck
- RIPRODUZIONE RISERVATA

- RIPRODUZIONE RISERVATA

O srngar, o causularo, a signor ro collocament, a chiatt. Dal siringaio (chi fa le iniezioni a domicilio) al calzolaio, dall'impiegata dell'ufficio di collocamento alla grassona: sono alcuni dei soprannomi in dialetto napoletano che, ancora oggi, i parenti di una persona defunta affiancano al nome sui manifesti funebri affissi, di solito, nella zona in cui era vissuta e aveva lavorato. Un modo, in una città in cui spesso ci si chiama solo col soprannome, per far arrivare la notizia a tutti quelli che conoscevano il morto, o la morta. Federico Albano Leoni, filologo e docente di glottologia per 30 anni alla Federico II di Napoli, ora in pensione, ha raccolto negli anni migliaia di questi manifesti: una collezione unica che è anche una mostra virtuale accessibile a tutti sul sito www.polodigitalenapoli.it.
    "Mi appassionai anni fa a leggere i manifesti funebri - racconta oggi Albano Leoni, in un convegno dedicato alla sua collezione - e ho cominciato a fotografarli, indagando sul significato profondo di definizioni e soprannomi che, in realtà, non erano rivolti a tutti, ma alla gente del vicolo, del rione".
    A tutti quelli, insomma, "che conoscevano di sicuro il morto, ma magari non col suo nome, ma per il mestiere, l'aspetto, una caratteristica fisica, un tic, la provenienza, un vezzeggiativo.
    Definizioni riportate nel manifesto, spesso con ortografie selvagge, estranee alla stessa lingua napoletana. Penso a una parola come 'o sringar, l'uomo che nella vita va nelle case a fare le iniezioni, conosciuto da tutti per il suo mestiere e descritto dunque con questa strana parola che ha solo una vocale. Quel manifesto mi accese la curiosità e poi la passione che mi ha portato a raccoglierne circa 3.000, ora ospiti del sito del Polo digitale degli Istituti culturali di Napoli".
    "I manifesti funebri si trovano ovviamente in tutta Italia, ma solo a Napoli - dice Leoni - succede che quando muore Maria viene definita 'a purtuallar' (venditrice di portogalli, cioè le arance - ndr), il suo mestiere con il quale tutti la identificavano. Questo caratterizza Napoli e altre zone a leopardo della Campania, ad esempio Ischia è piena di questi manifesti, mentre a Capri non ce ne sono. E poi emerge anche la forte presenza femminile nella gerarchia familiare: solo qui si mette 'morto Giovanni Esposito vedovo di..." e il nome della moglie. In genere succede il contrario".
    Per il docente, romano di madre partenopea, la collezione è anche il ricordo di momenti di vita a Napoli: "una mattina vidi nella zona di Montesanto, un manifesto con la scritta "è morta Maria detta Maria dint è fnstell'". Vuol dire Maria affacciata alle finestre, ma che voleva dire? Bussai alla casa vicina al manifesto e una donna mi disse che la vecchietta viveva sola in un 'basso' con due piccole finestre e che lei stava sempre lì a guardare la gente che passava. 'E noi la chiamavamo Maria dint è fnstell'".
    Una tradizione dei rioni ma che viene usata anche dai camorristi, come racconta il docente: "i manifesti dei camorristi restano affissi un po' più a lungo. Ne ho visti, mi viene in mente quel ragazzo morto ai Tribunali in una sparatoria. Il manifesto diceva 'durante un gioco tragico è morto', ma non era un gioco tragico, sono vittime di omicidi, non giocano".
   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

Da non perdere

Condividi

O utilizza