Un gruppo di oltre 20 discendenti
della contessa Marianna Farnararo, cofondatrice con il marito,
il Beato Bartolo Longo del Santuario della Madonna di Pompei, ha
rivolto un appello a Papa Francesco affinché si faccia promotore
presso il Dicastero delle cause dei Santi dell'avvio della
procedura canonica per la nobildonna, in modo che il suo esempio
possa essere ufficialmente attestato e proposto come modello di
virtù cristiane a tutti i fedeli.
"La nostra speranza - scrivono in un messaggio indirizzato al
Pontefice - è che il discernimento della Chiesa possa condurre
al riconoscimento delle sue virtù eroiche e, con il tempo,
grazie alla Sua attenzione, alla proclamazione della sua
venerabilità".
"I coniugi Longo - prosegue la lettera inviata al Papa -
dedicarono tutte le loro forze alla costruzione della Basilica
della Madonna del Rosario di Pompei, anche attraverso le offerte
provenienti da tutto il mondo, ma soprattutto grazie a Marianna
che donò e mise in vendita tutte le sue terre di Pompei
ereditate dal primo marito, conte De Fusco. Ora i due coniugi
sono sepolti, dopo oltre 40 anni di unione, in omaggio la loro
santità familiare, proprio nel Santuario che fecero costruire".
I discendenti della Farnararo hanno anche rivolto un appello
all' Arcivescovo di Pompei, Tommaso Caputo affinché ne faccia
trasferire le spoglie dalla cripta del Santuario, nella quale
sono ora deposte, nella Chiesa, vicino a quelle del marito
Bartolo Longo. "L'attuale sistemazione - rilevano nel messaggio
rivolto al Vescovo - determina una disparità di trattamento fra
i due fondatori, come tali riconosciuti ufficialmente da Papa
Leone XIII. Non solo, ma la sistemazione decentrata nella cripta
non dà seguito alla volontà testamentaria del Beato Bartolo e
impedisce le visite dei fedeli nei giorni di maggior afflusso,
allorché resta chiusa". "Lascio le mie ossa - scrisse Bartolo
Longo nel suo testamento - con la preghiera di farle riposare
nel Santuario, a piè del gan trono della mia dolce Regina da me
servita per oltre 50 anni e accanto ai resti mortali della
Contessa mia consorte".
Gli appelli al Papa e all'Arcivescovo di Pompei sono stati
approvati e condivisi anche da due discendenti di Bartolo Longo.
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