"Una denominazione di origine controllata 'Campania' che, al pari della Sicilia e di altre denominazioni, possa meglio rappresentare un settore fondamentale come la filiera del vino". E' l'idea intorno alla quale sta lavorando l'assessore regionale all'Agricoltura, Nicola Caputo, per "rafforzare il brand della Campania". Caputo ne ha parlato oggi, insieme con l'assessore regionale alle Attività Produttive, Antonio Marchiello, in occasione della presentazione della ricerca di Wine Monitor di Nomisma su "Posizionamento competitivo e notorietà dei vini campani", nella Sala della Giunta 'Francesco De Sanctis" con la partecipazione di operatori del settore ed esperti fra i quali Chiara Giovoni, Carlo Alberto Panont, Antonio Rallo, Germana Di Falco.
"Dalla ricerca - ha aggiunto Caputo - emerge la necessità di una migliore percezione dei nostri vini sui mercati nazionali e internazionali e il bisogno di una razionalizzazione delle nostre indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine; un percorso che abbiamo messo in campo con una condivisione massima con tutti gli operatori. Abbiamo costituito una 'cabina di regia' nel settore vitivinicolo. Insieme col collega Marchiello cerchiamo di immaginare un rafforzamento del brand della nostra regione". Quindi un marchio unico "con un ragionamento che stiamo facendo anche per le altre filiere" ha sottolineato Caputo. "Lo abbiamo fatto con l'olio, con l'Igp Campania, lo stiamo facendo con il vino ma anche con la frutta in guscio e con tutte le filiere più importanti. Il vino è il prodotto maggiormente rappresentativo, è opportuno che si rafforzi questa immagine". In questo ambito, secondo l'assessore Caputo, occorre lavorare per "trasformare un'indicazione geografica residuale in un posizionamento più alto".
"E' un settore fondamentale per l'economia della Campania fondato sulla qualità - ha sostenuto l'assessore Marchiello - ma fare rete è fondamentale. E occorre fare rete anche con le altre regioni; in ogni caso la Campania quando si presenta sui mercati deve essere una".
Dall'indagine, illustrata dal responsabile Nomisma Wine Monitori, Denis Pantini, emergono le grandi potenzialità di espansione della Campania su vari versanti, oggi con numeri ancora relativamente piccoli. La produzione si attesta (dati 2022) su 535.560 ettolitri (40% rosso e rosato e 60% bianco) con l'1% di incidenza sul totale della produzione in Italia; 19 le Dop (5% Italia) e 10 le Igp (8% Italia). Il trend dell'export è in crescita ma incide per l'1% sul totale delle esportazioni italiane. Le vendite nella Grande distribuzione organizzata (Gdo) dicono che il peso del vino campano sul totale del vino italiano è del 2,4%. La Falanghina del Sannio Doc è al primo posto nella Gdo come volumi di vendita (triennio 2020-2022), seguita dal Greco di Tufo Docg e dal Fiano di Avellino Docg.
Ampi spazi si aprono per le produzioni vinicole campane sia in Italia che all'estero grazie al legame con turismo e gastronomia (la mozzarella di bufala, ad esempio) oltre che col contesto delle bellezze artistiche e naturali. Ma occorre lavorare ancora, è stato sottolineato, per accrescere la percezione nell'utenza del vino campano la gran parte della quale - fuori regione - per il 54% non conosce o ricorda le denominazioni Doc e Docg campane. Aglianico del Taburno e Taurasi, due rossi molto importanti, hanno ancora tanti spazi da conquistare in Italia.
Territorio e tradizione possono rappresentare un terreno ideale per l'ulteriore sviluppo del settore. Infine emerge da interviste 'one to one' con importatori e distributori negli Usa che il Made in Italy è un forte traino. Un operatore ha affermato: "La Campania sta vivendo un enorme successo turistico e questa è una bellissima rivalsa perché c'è tutto: mare, montagna, isole, storia, cibo ma fino a 8 anni fa era stata spesso messa da parte. E bisogna cavalcare questa onda".
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