I Paesi ricchi devono firmare un "patto storico" con i poveri sul clima, altrimenti "saremo condannati", ha avvertito il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, mentre i leader mondiali iniziano a riunirsi per il vertice sul clima Cop27 delle Nazioni Unite, che si apre domenica a Sharm el-Sheikh, in Egitto, ma che anche i padroni di casa ammettono sarà il più difficile da almeno un decennio. Guterres lo ha dichiarato al Guardian alla vigialia del vertice.
Il divario tra Paesi ricchi e Paesi in via di sviluppo deve essere colmato se l'umanità vuole avere una speranza di evitare le peggiori devastazioni del collasso climatico, ha detto Guterres: "Non c'è modo di evitare una situazione catastrofica se il mondo sviluppato e quello in via di sviluppo non sono in grado di stabilire un patto storico", ha affermato, "perché al livello attuale, saremo condannati".
Secondo il segretario generale dell'Onu, l'evidente disuguaglianza climatica tra il mondo ricco, responsabile della maggior parte delle emissioni, e i poveri, che stanno sopportando il peso maggiore degli impatti, è ora la questione più importante dei colloqui. "Le attuali politiche sul clima saranno assolutamente catastrofiche", ha detto. "E la verità è che non saremo in grado di cambiare questa situazione se non verrà messo in atto un patto tra i Paesi sviluppati e le economie emergenti", ha concluso.
Oms, crisi sanitaria nel Corno d'Africa. Il Corno d'Africa è alle prese con una crisi sanitaria senza precedenti connessa ai cambiamenti climatici: la siccità estrema in alcune aree ha fatto raddoppiare il numero di persone che soffrono la fame, mentre in altre zone le inondazioni hanno danneggiato le strutture sanitarie e causato un aumento dei focolai di malattie infettive. È l'allarme lanciato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità.
"I cambiamenti climatici stanno avendo un impatto qui e ora sulla salute degli africani", ha affermato il direttore regionale dell'Oms per l'Africa, Matshidiso Moeti.
Un'analisi dell'Oms ha calcolato che nei sette Paesi del Corno d'Africa (Gibuti, Etiopia, Kenya, Somalia, Sudan del Sud, Sudan e Uganda) nell'ultimo anno sono stati registrati 39 emergenze di sanità pubblica, il numero più alto registrato da oltre 20 anni. Si segnalano focolai di antrace, morbillo, colera, febbre gialla, chikungunya, meningite e altre malattie infettive.
Ciò si somma alle conseguenze di quattro stagioni consecutive di siccità che "hanno bruciato la terra e spinto le persone fuori dalle loro case in cerca di cibo e acqua", ha aggiunto Moeti. In questo periodo "il numero di persone che affrontano la fame acuta nel Corno d'Africa è più che raddoppiato". Si stima si tratti di 47 milioni di persone, in particolare bambini con meno di 5 anni. Sono poi diventati sempre più frequenti le piogge estreme: "Il Sud Sudan sta vivendo il suo quarto anno consecutivo di inondazioni con il 40% del Paese allagato", dice l'Oms. Distrutte migliaia di case, strutture sanitarie, fonti d'acqua, servizi igienici. "Inoltre, il bestiame e una vasta area di terreni agricoli sono stati colpiti dalle inondazioni; ciò contribuisce all'insicurezza alimentare", continua l'Oms che chiede aiuti immediati per contrastare l'emergenza, ma anche di agire sulla crisi climatica.
"È fondamentale che i leader mondiali raggiungano un accordo per arginare l'aumento delle temperature alla COP27. Come continente siamo i meno responsabili del riscaldamento globale, ma tra i primi a sperimentarne il tragico impatto", ha concluso Moeti.
Unctad, rischio 'discariche di carbonio' nei paesi poveri. I Paesi meno sviluppati non devono diventare "rifugi sicuri" o "rifugi di carbonio" delle industrie dei paesi ricchi che inquinano. Lo ha sottolineato la Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo (Unctad) mentre ci si appresta a riunirsi questo fine settimana in Egitto per la 27/a Conferenza delle Nazioni Unite sul clima (COP27). Di fronte a "leggi ambientali efficaci e sempre più restrittive" per ridurre le emissioni di CO2 sul mercato interno, questi vincoli spesso spingono le aziende a inquinare all'estero, mette in guardia l'organizzazione Onu. Secondo l'Unctad, la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio si verifica quando paesi con politiche rigorose in materia di emissioni di carbonio provocano un aumento delle emissioni in altri paesi.
L'organizzazione ricorda anche come 46 paesi meno sviluppati, che ospitano circa 1,1 miliardi di persone, hanno contribuito a ridurre al minimo le emissioni di CO2. Nel 2019 hanno rappresentato meno del 4% del totale delle emissioni globali di gas serra. Eppure, negli ultimi 50 anni, il 69% dei decessi globali per disastri legati al clima si è verificato nei paesi meno sviluppati. "La comunità internazionale deve tenere conto delle loro esigenze di sviluppo e sostenerle pienamente per garantire una transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio equa, equilibrata e sostenibile", ha affermato Rebeca Grynspan, Segretario generale dell'Unctad.