"Io ero lì a fare il mio lavoro, che in quel momento era fermare questi delinquenti che lanciavano di tutto nascondendosi dietro gli alberi. Sono scivolato a terra sull'erba bagnata. Poi giù sul marciapiede. Hanno iniziato a prendermi a calci, pugni e mazzate. Per fortuna avevo il casco, se no non so come sarebbe finita". Lo racconta a Repubblica il vicequestore Antonio D'Urso, picchiato dai black bloc il primo maggio a Milano. D'Urso spiega di essere caduto in una "imboscata" mentre stava fermando una black bloc.
"La riconosco, in mezzo alle piante. Il mio dovere era arrestarla. Mi avvicino e la afferro a un braccio. Lei si gira di scatto e mi tira contro una bottiglia, che riesco a schivare. La stavo portando dai colleghi quando sono usciti da un cespuglio alcuni suoi compagni", dice l'uomo. "Mi hanno spinto e sono caduto a terra. Uno, con la maschera antigas, cercava di spaccarmi la visiera con un oggetto di ferro. L' altro mi colpiva con un bastone". "Non mi aspettavo l'agguato, non pensavo sarebbero usciti altri in quel momento", prosegue D'Urso sottolineando di non aver commesso un azzardo. "Non mi sono allontanato. Il reparto era alle mie spalle. La prospettiva delle fotografie inganna: in realtà, dopo l'agguato e quando cado a terra, nel giro di pochi secondi arrivano subito i colleghi a salvarmi".