(di Silvia Egiziano e Michela Nana)
(ANSA) - MILANO, 30 OTT - Dopo aver incantato con le loro
mastodontiche architetture milioni di visitatori da tutto il
mondo, una volta calato il sipario su Expo per i Padiglioni si
apre una nuova fase: quella che in gergo tecnico si chiama
"dismantling", smantellamento. Già dal 2 di novembre il sito di
Rho-Pero torna ad essere un cantiere. Prima entreranno i camion
per traslocare gli interni, poi le gru, le ruspe e i mezzi che
serviranno a smontare le strutture.
Nel pieno spirito dei temi che hanno caratterizzato
l'Esposizione milanese, molti dei 54 Paesi che hanno realizzato
un proprio Padiglione lo riutilizzeranno, in patria o altrove. I
quattro silos della Svizzera, ad esempio, diventeranno serre
urbane in altrettanti cantoni elvetici. Il giardino botanico del
Bahrain tornerà a lussureggiare nel Paese arabo. L'oasi del
Padiglione degli Emirati Arabi Uniti - tra gli elementi più
ammirati dell'Expo - sarà ricollocata a Masdar City, "la prima
città del mondo a emissioni zero" secondo colui che l'ha
progettata, l'architetto britannico Norman Foster (lo stesso che
ideato il Padiglione). Mentre le sfere dell'Azerbaijan
diventeranno un centro per la tutela della biodiversità nella
capitale Baku.
Diverse le strutture che saranno riutilizzate per scopi
sociali e progetti di cooperazione internazionale: il Padiglione
Don Bosco diventerà un centro giovanile in Ucraina, i container
che compongono lo spazio del Principato di Monaco ospiteranno un
centro della Croce Rossa in Burkina Faso. Il villaggio della
onlus Save The Children troverà collocazione nel campo profughi
di Jarahieh, in Libano. Parti delle strutture Kinder+Sport e
Slow Food andranno in Africa. Le prime diventeranno aule
didattiche e infermerie, le seconde animeranno gli orti degli
agricoltori. Il Padiglione Coca Cola, che ha le dimensioni di un
campo da basket regolamentare, resterà invece a Milano, per
diventare un centro sportivo.
I Paesi che non riutilizzeranno le proprie strutture, come
impongono le regole di Expo, dovranno comunque riciclare le
parti in legno e quelle in ferro dei Padiglioni. Ad esempio, il
legno pregiato utilizzato per costruire i "semi" della Malesia,
il teak, dopo lo smantellamento sarà rivenduto in Italia. Fine
simile farà la struttura del Padiglione Colombia, che sarà
riciclata e reimpiegata in Italia per future costruzioni.
Molti Stati hanno poi deciso di donare le parti "simbolo" dei
loro Padiglioni: gli alberi più imponenti dell'Austria saranno
ripiantati in una foresta nei pressi di Bolzano; l'alveare della
Gran Bretagna diventerà un'opera d'arte urbana in patria; le
colonne del Vietnam saranno donate al Comune di Alassio, in
Liguria. E poi ci sono quelli che proveranno a vendere le loro
strutture, tutte o a pezzi. E' il caso del Brasile (che metterà
all'asta anche la rete) e del Belgio.
Totalmente demoliti saranno Cina, Germania, Spagna,
Thailandia, Qatar e Uruguay. Infine ci sono le strutture - poche
- che resteranno: Palazzo Italia, Padiglione Zero e l'Albero
della Vita. Le tre opere simbolo di Expo, come ha annunciato il
commissario unico Giuseppe Sala, resteranno "congelate"
all'interno del sito, per poi tornare a vivere, probabilmente la
prossima primavera. Destino ancora incerto per Israele e per il
Padiglione The Waterstone di Intesa Sanpaolo. Quest'ultimo, in
particolare, potrebbe restare a Rho-Pero o essere ricollocato a
Milano. (ANSA).
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30 ott. 2015