Quando finì in galera aveva solo 31 anni: era il '99 e leggere negli atti processuali il nome di una donna come "reggente" di una cosca mafiosa di rango era cosa rara. In famiglia la chiamavano la "nica", la piccola. Ma per il gip Nunzia Graviano, sorella dei boss di Brancaccio Giuseppe e Filippo, era "l'alter ego dei fratelli sul territorio e il punto di riferimento 'esterno' di tutta la famiglia". Era lei che amministrava il denaro della cosca, lei che gestiva i soldi da dare alle famiglie dei detenuti, lei che teneva la contabilità delle slot machine. Scontata la pena , nel 2011 è tornata in cella con l'accusa di mafia e riciclaggio.
Una storia, quella della "nica" che ricorda quella di un'altra donna di mafia, Mariangela Di Trapani, finita in manette oggi con l'accusa di aver preso le redini del mandamento di Resuttana, roccaforte storica della sua famiglia. Figlia del padrino Ciccio Di Trapani, sorella del boss Nicola Di Trapani, ha unito il suo destino mafioso a quello di un altro rampollo di Cosa nostra, Salvino Madonia, killer spietato, capomafia di San Lorenzo anche lui figlio e fratello di uomini d'onore che hanno scritto la storia di Cosa nostra. Finita in cella nel 2008 perché portava fuori dal carcere gli ordini del marito ergastolano, liberata nel 2015, ha ripreso subito la sua attività criminale, stavolta incidendo direttamente sulle scelte e le dinamiche della cosca.
E tra le donne di mafia un posto di rilievo spetta certamente anche Patrizia Messina Denaro, sorella dell'ultimo superlatitante di Cosa nostra, il boss di Castelvetrano Matteo Messina Denaro. Arrestata nel 2013 è stata condannata in appello a 14 anni per associazione mafiosa ritenendo che fosse a pieno titolo inserita nell'organizzazione criminale. "Non sento mio fratello da 20 anni", disse al gip dopo l'arresto. Ma gli inquirenti non la pensano così. In una intercettazione di un colloquio avuto in carcere, quando ancora era libera, col marito detenuto, Vincenzo Panicola, Patrizia Messina Denaro si fa ambasciatrice delle richieste che il consorte rivolge al cognato latitante. Nell'elenco dei boss in rosa c'è anche Giusy Vitale, anche lei con un pedigree di rispetto. Sorella dei boss di Partinico Leonardo e Vito, avrebbe retto il mandamento durante la latitanza di uno dei fratelli.
Arrestata nel 2003, dal febbraio 2005 ha cominciato a collaborare con la giustizia e ha detto di averlo fatto per amore dei figli. Simile la storia di Carmela Rosalia Iuculano, arrestata a 32 anni, nel 2004. Moglie di Pino Rizzo, capomafia di Trabia, fu accusata di aver diretto la cosca dopo l'arresto del consorte. Anche la Iuculano, ha raccontato di aver rotto col clan per i tre figli Andando indietro nel tempo, poi, si incontrano Giuseppa Sansone, moglie del boss Francesco Tagliavia, accusata di aver gestito, dopo l' arresto del marito, gli affari della "famiglia" mafiosa di corso dei Mille e nel 1996 Maria Filippa Messina, 28 anni, la prima donna alla quale fu applicato il 41 bis. Messina, moglie di Antonino Cinturino, boss di Calatabiano.
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