Boris Giuliano fu nominato capo della Squadra Mobile di Palermo al posto di Bruno Contrada, discusso funzionario poi accusato di collusione con la mafia. Giuliano ebbe ad occuparsi di droga, parallelamente al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ed arrivò a scoprire il nascondiglio (vuoto) del latitante Leoluca Bagarella, in via Pecori Giraldi a Palermo, nel quale si trovava un ingente quantitativo di stupefacenti. Cercando di inseguirlo attraverso i flussi di denaro collegati al traffico, si imbatté in un libretto al portatore contenente qualche centinaio di milioni di lire, che apparteneva a Michele Sindona, il quale sotto falsa identità si trovava in quel periodo in Sicilia avendo inscenato un falso rapimento. Dopo essersi incontrato con Giorgio Ambrosoli, che stava per liquidare la banca di Sindona (e che fu anch'egli poi ucciso, solo una decina di giorni prima di lui), pare che Giuliano abbia cercato di organizzare un'apposita indagine sul banchiere. Nel 1979, Giuliano aveva dunque condotto indagini sulla mafia, sul traffico mafioso degli stupefacenti, sui rapporti fra mafia e politica, sul caso Mattei, sul caso De Mauro, su Sindona ed il suo falso rapimento, e forse ancora su altre vicende che a queste dovevano collegarsi. Il 21 luglio, mentre prendeva il caffè al bar, Leoluca Bagarella gli sparò sette colpi di pistola alle spalle.
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