Commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, di cui Michele Sindona aveva il controllo, l’avvocato Giorgio Ambrosoli nel 1974 comincia ad esaminare tutta la trama delle operazioni che il finanziere siciliano aveva intessuto, comprese gravi irregolarità commesse le numerose falsità contabili. Scattano numerosi tentativi di corruzione e di pressione nei suoi confronti per convincerlo a salvare Sindona. Ambrosoli non cede e conclude la sua inchiesta, che avrebbe dovuto sottoscrivere il 12 luglio 1979. La sera prima, l' 11 luglio 1979, rincasando dopo una serata trascorsa con amici, viene avvicinato sotto il suo portone da uno sconosciuto, che lo uccide sparandogli tre colpi di 357 Magnum. A sparare è William J. Aricò, un sicario fatto venire dall'America e pagato con 25.000 dollari in contanti ed un bonifico di altri 90.000 dollari su un conto bancario svizzero. Nel 1986 a Milano, Michele Sindona e Roberto Venetucci (un trafficante d'armi che aveva messo in contatto Sindona col killer) sono stati condannati all'ergastolo per l'uccisione dell'avvocato Ambrosoli.
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