Nato a Catania, ma trasferitosi a 8 anni a Palermo, i genitori lo chiamano Libero in ricordo del sacrificio di Giacomo Matteotti. La famiglia è antifascista e il ragazzo matura anch'egli una posizione avversa al regime di Benito Mussolini. Nel 1942 si trasferisce a Roma, dove studia Scienze Politiche durante la seconda guerra mondiale. Per non andare in guerra, entra in seminario, da cui però esce dopo la liberazione, tornando a studiare. Passa però a Giurisprudenza all'Università di Palermo. Malgrado voglia fare il diplomatico, prosegue l'attività del padre come commerciante. Negli anni cinquanta si trasferisce a Gallarate, dove entra nel meccanismo dell'imprenditoria. Torna a Palermo per aprire uno stabilimento tessile. Nel 1961 inizia a scrivere articoli politici per vari giornali e successivamente si dà anche alla politica attiva con il Partito Repubblicano Italiano. Dopo aver avuto alcuni problemi con la fabbrica di famiglia, viene anche preso di mira da Cosa nostra che pretende il pagamento del pizzo. Libero Grassi ha il coraggio di opporsi alle richieste di racket della mafia, e di uscire allo scoperto denunciando gli estorsori. La condanna a morte di Grassi arriva con la pubblicazione sul Giornale di Sicilia di una lettera sul suo rifiuto a cedere ai ricatti della mafia. La sua lotta prosegue in televisione, intervistato da Michele Santoro a Samarcanda su Rai Tre, e anche su una rivista tedesca colpita dal suo comportamento positivo volto a denunciare i mafiosi. Per questo viene assassinato il 29 agosto 1991. Il 20 settembre 1991, Santoro e Maurizio Costanzo dedicano una serata televisiva a reti unificate (sia Rai che Fininvest) alla figura di Libero Grassi. Per il suo omicidio sono stati condannati nel 2004 vari boss, tra cui Totò Riina, Bernardo Provenzano e Pietro Aglieri.
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