"Rosario Livatino è per la Chiesa
un modello di santità, non solo per il martirio che ha subito,
ma per quella testimonianza, martirio quotidiano, che nella sua
vita è stato l'essere credibile come uomo, come credente e come
giudice. In questo ci ricorda che la beatitudine non è altro che
rimanere nell'abbraccio di Dio, sotto il suo sguardo, certi che
la carità e la giustizia sono i luoghi dove ancora oggi e sempre
possiamo sperimentare la ricchezza di quel bene che è più forte
del male". Le parole sono del vescovo ausiliare di Torino,
Alessandro Giraudo, all'inaugurazione della mostra sulla sua
figura in corso al Palagiustizia di Torino fino a sabato 13
maggio per iniziativa della Libera associazione forense.
L'occasione è il secondo anniversario della beatificazione del
magistrato Rosario Livatino, assassinato dalla mafia nel 1990.
"Rosario Livatino - ha aggiunto - è allora una pagina vivente
del Vangelo, perché lo ha incarnato nella sua vita, nella
profonda e affascinante unità della sua vita. Un Vangelo che non
è contraddizione dell'umanità, ma che anzi ne vuole essere la
piena consapevolezza perché ci chiede di accogliere e vivere ciò
che siamo come donne e uomini immersi nel tempo e nella storia.
Anche per questi motivi, la vita di Rosario Livatino vuole
parlare a ciascuno di noi, in ciò che ci accomuna e in ciò che
ci differenzia. Lo dico prima di tutto per me, senza voler
insegnare nulla: personalmente ritengo che sarò capace di
ascoltare e di dialogare con Rosario e la sua vicenda, solo se,
come lui, anch'io sarò capace di non arrendermi davanti a tutte
le forme con cui il male ci illude sottilmente di essere la
soluzione giusta, così da spendere invece il dono della vita
perché altri possano scoprirne la ricchezza quando è vissuta
fino in fondo".
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