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Yasmina Reza, che fatica scrivere (ma che fortuna)

L'autrice premiata al Malaparte 2021. A marzo esce Serge

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“Il mestiere dello scrivere? Non mi penso come una scrittrice. Anzi, a lungo, quando sui documenti dovevo barrare la casella ‘professione’, sceglievo sempre la voce ‘altro’”. A raccontarlo, un po’ a sorpresa, è un’autrice amata e tradotta dall’Europa fino a Broadway come Yasmina Reza, scrittrice, drammaturga, ma anche attrice, regista. A lei va il Premio Malaparte 2021, il prestigioso riconoscimento letterario internazionale, nato nell’83 su iniziativa di Graziella Lonardi Buontempo e Alberto Moravia, oggi guidato da Gabriella Buontempo, che torna sull’isola per il 10º anno consecutivo supportato da Ferrarelle. E che le rende omaggio con tre giorni di proiezioni e incontri, un dibattito sul tema “Una scrittura in ascolto” e domani alle 11 alla Certosa di San Giacomo la premiazione ufficiale con un suo discorso scritto appositamente.

Classe 1959, parigina di madre ungherese e padre iraniano, da Il Dio del massacro che la consacrò nell’Olimpo della letteratura, portato al cinema poi da Roman Polanski con Carnage, all’ultimo Anne-Marie La beltà, passando per Felici i felici, Babilonia, Arte (con la geniale trovata della tela bianca dipinta di bianco che diventa capolavoro) o il graffiante quanto esilarante Bella figura, in un eterno viaggio tra pagina e palcoscenico, romanzi e teatro, la Reza ha saputo raccontare l’animo umano, partendo sempre da un piccolo, piccolissimo elemento di rottura, detonatore di temi invece imponenti. “Parto sempre da una scena, mai da un tema. Due-tre pagine, se funzionano costruisco il resto”, racconta lei, tubino nero, occhiali scuri, riservatissima su di sé.

“In verità - prosegue - ho iniziato come attrice, ma ho visto subito che era una vita terribile, da passare accanto al telefono aspettando i desideri di altri. Mi sono detta ‘no, questo non può essere il tuo destino’. Pensavo di avere un piccolo talento nella scrittura e adoravo il teatro. Così, a 23 anni, ho scritto una piece e ho avuto l’intelligenza di non scrivere un ruolo per me. Era Conversazione dopo un funerale e quel testo ha deciso per me un altro destino. Non io. Oggi? Sono molto fortunata a poter vivere di scrittura, ma a volte è anche molto faticoso. Mi alzo dalla sedia stanchissima. Ma non prendo troppo sul serio questo compito. Passo anche lunghi periodi senza scrivere nulla e sono contenta ugualmente”, sorride.

Alla felicità è dedicato anche uno dei suoi romanzi, ma per lei cos’è? “Come diceva Voltaire non sono le circostanze a farla, ma la tempra della nostra anima - riflette - A me rende felice camminare, soprattutto a Venezia e qui a Capri. Oggi - prosegue - c’è molta brutalità nella società, che non è quella della forza ma dell’inumanità. Penso ad esempio quando ti trovi in attesa inutilmente per ore per parlare con un operatore e nessuno ti risponde”.

Intanto, pochi giorni fa, è arrivata la notizia della nuova condanna per l’ex presidente Francois Sarkozy, di cui aveva seguito e scritto i cento giorni di campagna elettorale con L’alba, la sera o la notte. “Credo che la giustizia francese non lo mollerà mai - dice la Reza - lo perseguiteranno fino all’esaurimento. Come Berlusconi in Italia? Forse, però Sarkozy non è Berlusconi”. Per il suo ultimo lavoro, “Serge”, che uscirà in Italia “i primi di marzo” con Adelphi, è invece tornata alle sue origini familiari per raccontare, sempre con la sua sferzante chiave ironica, lo scontro di una famiglia ebraica in un impossibile viaggio della memoria ad Auschwitz. “In Francia se un certo teatro fa ridere lo bollano come boulevard - prosegue - Con me a un certo punto, quasi per giustificare il loro apprezzamento, hanno cominciato a dire che il mio era sarcasmo. È un malinteso che mi annoia molto, quasi che la mia fosse una posizione superiore, giudicante, verso i miei personaggi e la storia. Io invece sono dentro la storia. Non giudico nessuno. Rido di me stessa e ho anzi un occhio molto empatico con i miei personaggi, che non so da dove arrivino. A un certo punto vengono alla superficie”.E di quello che ci è accaduto negli ultimi due anni, il Covid, la pandemia, scriverà? “No, non sono in grado - risponde - So che siamo cambiati, ma ancora non capisco bene cosa sia accaduto”.

In collaborazione con:
Ferrarelle

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