Un 'celerino' "figlio di immigrati africani, nato e cresciuto a Roma, che scopre di dover andare a fare lo sgombero nel palazzo occupato dove ancora vivono sua madre e mio fratello". E' l'immagine, spiega all'ANSA il giovane regista Hleb Papou, dal quale e' partito nel 2016 per il suo corto, Il legionario, presentato nel 2017 dalla Settimana della critica alla Mostra del Cinema di Venezia. Una storia che il cineasta ha sviluppato, arricchendo con intensita' e realismo il racconto di entrambi i mondi, quello delle case occupate e del Reparto Mobile della Polizia, nell'omonimo film d'esordio, prodotto da Clemart in collaborazione con Mact Productions e Rai Cinema, distribuito da Fandango, che debutta nella sezione Cineasti del Presente al Locarno Film Festival.
Papou, classe 1991, bielorusso, naturalizzato italiano ("sono cresciuto a Lecco e da dopo il liceo vivo a Roma"), laureato al Dams e diplomato al Centro Sperimentale, e' ripartito da Il Legionario per l'opera prima motivato da "una questione d'attualita' . E' il momento di raccontare il qui e ora, anche per quanto riguarda gli italiani di seconde generazioni, andando oltre gli stereotipi. L'Italia dei nostri giorni non e' piu' lo stesso Paese di 50 anni fa, anche se molti ancora sembrano non capirlo". Il film ha al centro Daniel (il bravissimo Germano Gentile, gia' protagonista del corto), giovane e preparato agente nella Capitale del Primo Reparto Mobile della Polizia di Stato, dove al di la' del colore della pelle (il richiamo principale e' nel soprannome, Ciobar) prevale il cameratismo, sotto la guida del caposquadra Aquila (Marco Falaguasta). Il protagonista, che sta aspettando un bambino con la compagna Trisha (Giorgia De Andreis) si trova pero' diviso tra il dovere e la necessita' di proteggere il fratello Patrick (Maurizio Bousso) e la madre Felicite' (Felicite' Mbezele' ) che ancora vivono nel palazzo occupato dove anche lui e' cresciuto. Una struttura su cui pende un ordine esecutivo di sgombero. Atto contro cui Patrick e gli altri occupanti, italiani e stranieri, sono decisi a resistere. "Insieme agli altri sceneggiatori, abbiamo voluto evitare il buonismo e la propaganda. Cerchiamo di rendere i personaggi vivi con le proprie caratteristiche, sia in positivo che in negativo, facendo, alla fine stare entrambi i fratelli nel giusto" spiega Papou. Si e' girato "in un vero palazzo occupato, quello a via Santa Croce in Gerusalemme, dove l'elemosiniere del Papa stacco' nel 2019 i sigilli che erano stati messi alla luce, un episodio che fini' sui giornali. Abbiamo fatto molte ricerche e io ho pure vissuto per un periodo nel palazzo, per fare meglio le indagini sul campo. Volevamo essere il piu' onesti possibile, non raccontare frottole e uscire dalla nostra comfort zone". Quella del palazzo occupato "e' una realta' molto complessa, un microcosmo a se' stante. A suo modo e' simile al reparto mobile, perche' e' una realta' chiusa, ci sono regole molto severe, ferree, anche autoritarie. Se ti comporti in maniera non conforme alle regole, come quelle di sicurezza, ad esempio, rischi di essere sbattuto fuori". Si raccontano "tutte cose che esistono, e nel cuore di Roma, non in periferia. Le occupazioni sono un fenomeno molto presente e attuale. Ce ne ricordiamo pero' solo quando vengono mostrati gli sgomberi". Lo stesso sguardo realistico c'e' nel mettere in scena il Reparto Mobile: "Ho conosciuto diversi celerini, abbiamo passato nottate a sentire le loro storie". Nel film, girato in 19 giorni durante la pandemia, recitano anche alcuni veri occupanti del palazzo e ci sono i cameo di Sabina Guzzanti e il cantautore Ivan Talarico: "Lei su quella realta' ha anche girato un documentario. Le abbiamo chiesto se volesse partecipare al film ed e' stata molto gentile e disponibile". Si racconta l'Italia di oggi, ma questo e' un Paese dove ogni volta che si parla di Ius Soli riscoppiano le polemiche: "Ho la sensazione che se sei uno di seconda generazione e fai risultati, magari alle Olimpiadi, sei bravo, senno' no - commenta Papou - e mi riferisco anche alla frase di Malago' sullo ius soli sportivo. Non dovrebbe funzionare cosi' in una democrazia. Ma si arrivera' a non ragionare piu' per categorie, e' inevitabile, non si puo' bloccare in una societa' un fenomeno di crescita".
In collaborazione con:
Locarno Film Festival