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Spinotti, scegliere un film è come sposarsi

Direttore fotografia a Locarno per il Pardo alla Carriera

Locarno ANSAcom

 Scegliere un film "E' come sposarsi. Non è che uno dice ‘sposo questa signora perché porta giacche scure o perché ha una casa in campagna, uno decide quando si sente che è la scelta giusta". La pensa così Dante Spinotti, straordinario direttore della fotografia tra l’Italia e Hollywood, Pardo alla carriera al Locarno Film Festival, protagonista oggi di un coinvolgente incontro con il pubblico. Classe 1943, Spinotti, nato a Tolmezzo e cresciuto a Lendinara, in provincia di Rovigo (“Ho sempre avuto voti mediocri, tranne l’otto in disegno"), in carriera ha lavorato con cineasti come Sergio Citti, Liliana Cavani, Lina Wertmuller, Ermanno Olmi, Roberto Benigni, Gabriele Salvatores, Giuseppe Tornatore, Garry Marshall, Bruce Beresford, Curtis Hanson (per L.A Confidential gli arriva la prima nomination all’Oscar) stringendo veri sodalizi con registi come Michael Mann (con lui la seconda nomination all’Oscar per The Insider) o Michael Apted. E' passato per ogni genere di cinema, compresi i superhero movies, come X men- Conflitto finale di Brett Ratner o tre anni fa Ant-man and the wasp di Peyton Reed. Il genere forse più ostico “è la commedia - aggiunge -. Perché ci si aspetta che tutti siano illuminati. Come mi diceva Garry Marshall, ‘devo vedere le facce , Dante, non essere troppo dark”. Ironico, autoironico e garbato, arriva all’incontro con il pubblico a Locarno con un cappellino da baseball in tinte pastello: “sembra frivolo, ma l’ha fatto la mia nipotina che ha un grande spirito artistico, lo porto con grande orgoglio”.
Nel suo percorso, dopo gli esordi in Rai, il debutto nel cinema arriva con Sergio Citti, per Il Minestrone: “E’ stato un impatto forte, lavorare con il gruppo di Pasolini nella periferia romana, ma sapevo di non poter sbagliare - ricorda -. Con Sergio diventammo subito amici. Il film inizialmente si intitolava La fame, ma alla Rai non piaceva, per loro sembrava dicessimo che ci fosse la fame in Italia, volevano un titolo meno problematico”.
Nel nostro Paese, “c’è stata a lungo un’ambiguità sul cinema d'autore - osserva -. L’idea che nessuno potesse toccare la sceneggiatura tranne il regista... non so se sia ancora così". Per lui "non esiste il cinema d'autore, esiste il buon cinema e il cattivo cinema". Tra gli aneddoti, quelli per Pinocchio (2002) di Benigni: “Si è molto fortunati quando si fa un film con lui, è un’esperienza unica…. gli chiesi perché sul set non si arrabbiasse mai e lui mi rispose, che non sarebbe stato credibile arrabbiato e vestito da Pinocchio”. Ad introdurlo nella realtà di Hollywood è Dino De Laurentiis, per Manhunter (1986) di Michael Mann, con cui è nata una collaborazione passata per cinque film: “Michael fa parte di quei registi, come Kubrick, che controllano tutto sul set. In fase di riprese quasi non parliamo perché prepariamo tutto prima”.
Al contrario dell’amico Vittorio Storaro (“il suo ruolo nel nostro mestiere è paragonabile a quello di Martin Lutero nella storia delle religioni, per i cambiamenti fondamentali che ha portato”) Spinotti non pensa che il primo riferimento per il suo mestiere debba essere la pittura: "Per me tutto nasce soprattutto dagli attori sul set, dalla storia che c’è da raccontare". L’avvento del digitale l’ha accolto subito con favore: "la tecnologia va avanti, ma quello che conta è sempre l’umanità delle storie, l’anima che c’è dentro". Prima del digitale “noi direttori della fotografia eravamo come cardinali e a fine giornata dicevamo ‘andate in pace, domani controlliamo sui giornalieri. Oggi possiamo controllare tutto subito”. Il digitale “è stato un passo fondamentale nella storia del cinema come l’arrivo del sonoro. Ti dà una sicurezza molto più ampia, anche se devi fare cose più complesse in tempi più veloci. Ti porta ad essere più coraggioso e sperimentale”.
Per lui al Festival anche un mini omaggio composto dalle proiezioni di the Insider e Where are you (2021), il film diretto dal figlio Riccardo con Valentina De Amicis. Ora Spinotti ha in cantiere un documentario su Napoli: "A dirigerlo sarà una mia carissima amica e bravissima attrice, Trudie Styler. Sarà sull'umanità e la realtà della città che è straordinaria. E’ un progetto affascinante".

In collaborazione con:
Locarno Film Festival

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