Sono due film italiani, realizzati da cineasti under 35, il documentario Brotherhood di Francesco Montagner (miglior film) e Il legionario di Hleb Papou (miglior regista emergente), bielorusso naturalizzato italiano, che affrontano temi di grande attualità come il radicalismo islamico e i pregiudizi sugli italiani di seconda generazione, a conquistare i premi maggiori nella sezione Cineasti del presente della 74/a edizione del Locarno Film Festival.
“Ho accolto la notizia del premio come miglior film con tante lacrime e molta gioia - dice all’ANSA, sorridendo Montagner, veneto, classe 1989, già vincitore nel 2014 con Animata resistenza del premio per il miglior documentario nella sezione Venezia Classici, alla Mostra del Cinema-. Ho fatto una corsa matta per tornare al Festival (il regista vive a Praga dove insegna cinema in una delle accademie più prestigiose del mondo, la Famu), per questa che è una festa del cinema e per l’Italia, visto il premio anche a Hleb”. in Brotherhood, coproduzione Repubblica Ceca - Italia (Nutprodukce e Nefertiti Film con Rai Cinema) Montagner ha seguito per quattro anni la vita di tre fratelli in una famiglia di pastori, nella campagna bosniaca, Uzeir, circa 10 anni, Usama, 12, e Jabir, appena maggiorenne, costretti a crescere molto in fretta quando l'unico genitore che gli è rimasto, il padre Ibrahim, predicatore islamico radicale, viene condannato a 23 mesi di prigione, per terrorismo. Era andato in Siria, a quanto sostiene, non per combattere con i jihadisti "ma per vedere come andassero le cose” dice. “Pensavo fosse importante portare in un contesto europeo una storia famigliare, intima come questa - aggiunge il cineasta - che ha un impatto molto forte nel mondo contemporaneo perché è molto legata a tematiche dell’islam e religiose. Volevo capire cosa potesse accadere a tre ragazzi di questa nuova generazione a contatto con il radicalismo e un padre padrone di questo tipo”.
Invece Papou, classe 1991, bielorusso, naturalizzato italiano ("sono cresciuto a Lecco e da dopo il liceo vivo a Roma"), laureato al Dams e diplomato al Centro Sperimentale, è ripartito dal suo corto Il Legionario per svilupparlo nell’omonima opera prima. Il film (prodotto da Clemart in collaborazione con Mact Productions e Rai Cinema, distribuito da Fandango) ha al centro Daniel (Germano Gentile, già protagonista del corto) italiano di origine africana, diventato un giovane e preparato agente a Roma del Primo Reparto Mobile della Polizia, diviso tra il dovere e la necessità di proteggere il fratello Patrick (Maurizio Bousso) e la madre Felicité (Felicité Mbezelé) che ancora vivono nel palazzo occupato dove anche lui è cresciuto. “Questo premio mi regala una sensazione molto bella - commenta -. L’obiettivo del film era mostrare l’Italia del presente, andando oltre gli stereotipi. Un paese che c’è ma di cui nessuno parla”.
Si è girato "in un vero palazzo occupato, quello a via Santa Croce in Gerusalemme, dove l'elemosiniere del Papa staccò nel 2019 i sigilli che erano stati messi alla luce, un episodio che finì sui giornali. Abbiamo fatto molte ricerche e io ho pure vissuto per un periodo nel palazzo, per fare meglio le indagini sul campo. Volevamo essere il più onesti possibile, non raccontare frottole e uscire dalla nostra comfort zone". Lo stesso sguardo realistico c'è nel mettere in scena il Reparto Mobile: "Ho conosciuto diversi celerini, abbiamo passato nottate a sentire le loro storie".
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