Esistono vari modi in cui un paese può esercitare influenza e garantirsi visibilità e apprezzamento a livello globale. Per esempio, può puntare su alcuni tratti squisitamente nazionali e promuoverli oculatamente. In questo caso si parla di "soft power”. Il ricorso al soft power punta sulle caratteristiche intrinseche che rendono unico un paese, per esempio, la sua cultura, le sue espressioni artistiche, le bellezze naturali e naturalmente anche la cucina. Una delle forme di soft power più efficaci è la “gastrodiplomazia”, un approccio grazie a cui diversi paesi sono riusciti a migliorare la loro reputazione internazionale, una forma di “soft power” che si realizza con l’esportazione della propria cultura alimentare. "gastrodiplomazia” è il neologismo nato dall'unione dei concetti di "gastronomia" e “diplomazia" per indicare una fusione tra cultura culinaria e relazioni internazionali con l'obiettivo di promuovere scambi culturali, commerciali e cooperazione economica tra Paesi diversi
K-food e sushi
La Corea del Sud si è ormai affermata come produttrice di cultura, basti pensare al successo globale del Kpop, dei film e delle serie prodotte a Seul. Ora è il turno della sua cucina che sta conquistando i palati occidentali. La popolarità della cucina coreana è anche il risultato di strategie politiche a lungo termine. Nel 2009, il governo sudcoreano ha avviato una campagna da 40 milioni di dollari denominata "Korean Cuisine to the World", con l’obiettivo di migliorare la reputazione del paese attraverso il suo cibo e attirare turismo gastronomico.
Il caso del Giappone è particolarmente interessante perché, come per l’Italia, propone una cucina già molto nota. In tutto l’Occidente il sushi è una proposta culinaria apprezzata da anni ormai e, proprio per questo, si è normalizzata e non alimenta più quella curiosità che serve da volano per stimolare un interesse più ampio. Così, il Giappone ha mirato a contrapporre proposte gastronomiche più autentiche e raffinate alla generica “cucina giapponese” ormai appiattita sui diversi gusti nazionali. Dal 2013, la washoku, la cucina tradizionale consumata abitualmente nelle case giapponesi, è uno dei patrimoni culturali immateriali dell’umanità dell’UNESCO.
L’Italia
La cucina italiana occupa da sempre un posto speciale nell'immaginario globale: i nostri piatti e le nostre specialità sono nel cuore di moltissime persone in tutto il mondo e costituiscono una forma di soft power tra le più potenti. La cucina italiana è infatti un potente traino turistico che sostiene interi comparti industriali. Il successo del cibo italiano è però partito dal basso, dai nostri migranti, quasi mai è stato favorito e incentivato dall’alto. "La chiusura a salvaguardia delle tradizioni culinarie è inutile; le diverse esperienze si sono giustamente mescolate ed è impossibile provare a normarle per preservarle incontaminate. Inveire contro Sorbillo che propone la pizza con l’ananas è antistorico - sostiene Francesco Buschi head of strategy di FutureBrand - bisogna piuttosto continuare ad alimentare l’innovazione e la conoscenza; introdurre nuovi elementi culinari legati alle nostre tradizioni e non smettere di rinfocolare la curiosità del pubblico soprattutto straniero, aggiungendo un tocco di esotico che crea aspettative e desiderio. Si deve contrastare l’appiattimento dei gusti con un’iniezione di autenticità basata sulla narrazione di una nuova cucina italiana ancora più locale, ma capace di mescolarsi a livello globale. Rinnovare, arricchire, aggiungere restando nel solco della tradizione, sono le conclusioni dell'analisi.
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