Chiara Boni festeggia i suoi cinquant'anni di carriera nella moda con un dinner party ai Bagni Misteriosi di Milano, dove è anche stato girato il video di presentazione della collezione per la prossima estate della linea La Petite Robe, lanciata nel 2008. Subito un successo grazie alla scelta di realizzare tutto con un solo filato, un tessuto stretch facile da lavare e che non necessita di stiratura, ideale per la valigia.
"Con la Petite robe - racconta oggi Chiara, che ha esordito nella moda nel 1971, aprendo un negozio nella sua città natale, Firenze, dove vendeva i suoi abiti - ho pensato a vestire la donna di comfort, con cose facili da portare e negli anni questa tendenza non è cambiata, tanto che abbiamo dei capi continuativi che, nonostante si chiamino Rebecca e Cassandra, hanno fatto la nostra fortuna e dopo 10 anni si vendono ancora benissimo".
Anche per la prossima estate, come mostra il bel video con protagonista Anna Cleveland, la grande protagonista sarà la pulizia "che rende liberi perché - spiega la stilista - ci puoi aggiungere ciò che vuoi, mentre con un abito ingombrante la donna scompare". Nel pensiero di Chiara, "è la donna che deve interpretare il vestito, e non viceversa mentre a volte - nota - si nota solo l'abito". Ecco quindi un look essenziale ed elegante, fatto di completi pigiama con piping a contrasto, jumpsuit e maxi abiti arricchiti da dettagli drappeggiati, abiti con sensuali cut-out, incroci e profondi scolli a V. Tra le proposte, un nuovo jersey shine con effetto specchiato.
Inizialmente, visto che è stata progettata durante la pandemia, la collezione prevedeva poca sera, ma "ora stanno tornando le occasioni e le cerimonie e l'abbiamo già venduta tutta, tanto che - racconta - dobbiamo fare una seconda estate per accontentare il mercato americano". Grazie ai clienti statunitensi, ma non solo, il brand ha recuperato il 30% sul 40% di fatturato perso lo scorso anno a causa del covid.
Inevitabile, vista la ricorrenza, qualche riflessione su questi 50 anni, a partire dall'inclusività: "oggi se ne parla tanto, io credo di averla sempre fatta, ma forse per i giovani è una cosa nuova, negli anni ho sfilato con qualsiasi tipo di persona, di ogni età e taglia, e ricordo ancora una passerella in un cinema gay di Torino, negli anni 90, con solo trans. Credo che la moda - è la riflessione della stilista - dovrebbe occuparsi di chi oggi non si può proprio vestire, come le donne afghane, e non serve mandare un burqa in passerella, bisogna fare qualcosa di concreto, dovremmo metterci insieme e pensare a qualcosa di reale. Sulle donne afghane purtroppo c'è un silenzio assordante, che - si rammarica - mi fa effetto".
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