Sfila alla Statale di Milano - "dove nasce la cultura", dice il direttore creativo Pierpaolo Piccioli, perché è una cultura quella del vestire maschile che vuole cambiare - la nuova collezione uomo Valentino. "Oggi la nuova mascolinità non segue le regole della società - dice Piccioli subito dopo la sfilata - per anni gli uomini di potere sono stati legati al concetto di successo e perfezione, a giacca e cravatta, oggi il vero potere è essere liberi di mostrare la propria fragilità rimanendo forti". Non a caso, il direttore creativo ha scelto come invito un libro, Una vita come tante di Hanya Yanagihara, "che mi ha colpito per l'intimità e la resilienza dei quattro uomini protagonisti". E ha scelto di metterlo in scena nel cortile dell'ateneo, in una sfilata aperta agli studenti e accompagnata dall'esibizione dal vivo di D4vd. Dopo tre anni di assenza dalle passerelle, per Piccioli "era importante ridefinire l'uomo Valentino dopo le contestazioni su cos'è essere uomo". "Il fatto - spiega - che Marco Mengoni in giacca e cravatta con qualche centimetro in meno di pantaloni sia diventato virale sui social dimostra che c'è molto da lavorare sulla percezione".
Per il direttore creativo della maison, la società tende a chiudere gli uomini in delle scatole: "da una parte il machismo, dall'altra il fanciness, perché è più facile, ma essere uomini oggi - riflette - è essere liberi di scegliere". Lui ha scelto di sovvertire l'ordine lavorando sui codici classici maschili, il sartoriale e le uniformi, perché a suo avviso "per cambiare gusto bisogna lavorare su ciò che gli uomini conoscono, altrimenti vanno sulla difensiva".
Cambiare le regole del gioco dall'interno è proporre una giacca classica sartoriale con un fiore come revers, far sfilare un cappotto di maglia di lino tessuto a telaio, proporre il classico completo blazer e cravatta con la gonna nera anziché il pantalone, che "non è una provocazione - precisa il creativo - ma un modo di indossare la gonna senza entrare nella polemica dei codici maschili o femminili". E poi, in fondo, "gli uomini sono stati costretti a portare i pantaloni così come le donne le gonne: il vero cambio di percezione avviene quando cambi le regole dall'interno. Io non faccio dittatura estetica, lavoro in modo libero, infatti nella collezione ci sono due gonne, se vuoi le metti altrimenti no". In alternativa alle gonne, 2 su 56 uscite, bermuda, shorts, pantaloni ampi. Da indossare con camicie chiuse al collo da fiori, che tornano stampati su ampi cappotti o ricamati su giacche, alcune delle quali riportano dei passi da 'Una vita come tante'. Ce n'è uno che dice "siamo così vecchi che siamo diventati giovani di nuovo", un invito a cambiare modo di vedere le cose perché "attraverso il mio lavoro io voglio dire che si possono liberare gli uomini, negli anni è cambiato molto il concetto di mascolinità - sottolinea Piccioli - e per gli uomini è arrivato il momento di essere liberi, di capire che ci si può rinnovare ogni giorno" come il denim 'riparato' con filo d'oro come nell'antica arte giapponese del Kintsugi, che non nasconde ma esalta le crepe "e che dimostra che le rotture sono una ricchezza", in questo caso soprattutto "rispetto all'idea di perfezione e successo che non è libertà". Un messaggio forte e chiaro che risuona sotto il sole di Milano - in apertura della Fashion Week - e che Piccioli dopo la sfilata porta tra i banchi dell'ateneo, per una lezione che si aggiunge ai 160mila euro donati dalla maison all'ateneo per nuove borse di studio.
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