Comprare meno e meglio, occhio ai prezzi bassi (bisogna sempre pensare che dietro ci sono persone, animali e biodiversità), attenzione alle etichette e alla trasparenza della filiera produttiva. Sono alcuni consigli per i giovani consumatori che arrivano dagli esperti di Planet4B, il progetto europeo che vede l'Università di Pisa in prima linea per una moda sostenibile. L'iniziativa è stata presentata in due video, uno introduttivo, e un altro dove imprenditori, giornalisti e ambientalisti del comitato tecnico che affianca i ricercatori dell'ateneo si presentano e invitano a prendere parte a un percorso di trasformazione.
"Stiamo realizzando una ricerca transdisciplinare sull'impatto dell'industria della moda sulla biodiversità - dice il coordinatore del progetto Matteo Villa, docente al dipartimento di Scienze Politiche - e la moda è uno dei settori più inquinanti per il pianeta ma c'è un'attenzione crescente, soprattutto fra i giovani, verso modelli di comportamento e di businness capaci di ridurre gli impatti negativi del settore, promuovendo produzioni di maggiore qualità, minor consumo e spreco di risorse naturali".
Nell'ambito di Planet4B l'ateneo pisano (unico partner italiano del progetto) conduce uno studio sull'industria tessile e rivela che è "tra le maggiori responsabili del degrado ecologico lungo tutta la filiera. Si parte dall'impiego intensivo di pesticidi e insetticidi e dal grande consumo di acqua nella fase di produzione: ad esempio, un chilo di cotone richiede tra 10 e 20 mila litri di acqua. Poi c'è la produzione, responsabile dell'inquinamento per il 20% delle acque a livello mondiale. Senza contare l'impatto dei tessuti bruciati o eliminati in discarica, che ammonta al 73% della fibra prodotta, mentre solo il 12% dei tessuti viene riciclato.
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